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Dalle paure di Nino per la sua incolumità alla volontà di lasciare il commissariato di San Lorenzo

Al processo che si celebra dinnanzi alla Corte d'Assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, sul duplice omicidio Agostino-Castelluccio, che vede imputati il boss dell’Arenella Gaetano Scotto, accusato di duplice omicidio aggravato in concorso, e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento, questa mattina sono stati sentiti i genitori della moglie incinta del giovane agente ucciso il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini: Nino Castelluccio e Michelina D’Alessandro. Il padre della ragazza, rispondendo alle domande dei pubblici ministeri e dell’avvocato di parte civile Fabio Repici, ha riferito in merito allo stato di ansia e preoccupazione per la sua sicurezza che avrebbe avuto Nino Agostino nei giorni prima al suo omicidio. Premettendo che “Nino quando veniva a casa nostra di lavoro non ne voleva parlare” e negando in un primo istante, a domanda diretta, se ricordasse di preoccupazioni in merito al contesto lavorativo del genero, il teste ha confermato le dichiarazioni rese in passato all’autorità giudiziaria sul punto. Si tratta, in particolare, di un verbale, depositato agli atti, del 23 settembre 1993 che i pubblici ministeri hanno riprodotto in aula per aiutare Nino Castelluccio nel suo sforzo di memoria. In quel verbale Castelluccio affermava “notai che Nino era molto preoccupato, quindi gli chiesi i motivi di detto stato d’animo che, voglio precisare, era anche quello di mia figlia. Più precisamente gli dissi: ‘Ma dimmi una cosa Nino, ma come si sta in questo commissariato?’ Lui mi rispose che era un ‘commissariato ‘caldo’ e che c’era il pericolo di finire da un giorno all’altro nel calderone, non aggiungendo altro’”. Il riferimento è al fatto che Nino Agostino avrebbe palesato la propria volontà di lasciare il commissariato di San Lorenzo dove prestava servizio. Oggi, in aula ha confermato di aver “avuto questo dialogo” seppur non ricordandosi la circostanza. “Sono passati degli anni… ma se l’ho dichiarato vuol dire che è così”. Successivamente il pm Umberto De Giglio, ha chiesto al teste se ricordasse se Agostino gli aveva detto della sua intenzione di lasciare il commissariato. Anche qui il Castelluccio ha detto di non ricordare. A questo punto De Giglio ha riportato un passaggio dello stesso verbale del ’93 in cui il padre di Ida Castelluccio riferì: “Io mi offersi di aiutarlo a cambiar ufficio ma lui mi aiutò a desistere asserendo di aver già chiesto di essere aiutato per ottenere un trasferimento ad una sua cugina che a sua volta si sarebbe rivolta al vicario”. Alla lettura di questo passaggio Castelluccio ha detto di ricordare che “aveva parlato con il vicario e che aveva promesso qualche cosa per il trasferimento”. “Quindi Nino Agostino si voleva trasferire?”, ha chiesto il presidente Gulotta. “”, ha risposto il teste. Sempre in un altro verbale reso alla Squadra Mobile, riportato al teste, questo datato 12 novembre 1991, “devo anche dire che mio genero non parlava mai del suo lavoro, comunque tre giorni prima dell’omicidio mi disse che aveva intenzione di farsi trasferire presso un altro ufficio perché quello in cui era comportava un lavoro molto impegnativo e pericoloso non entrando in particolari”. Anche qui il testimone non ha ricordato le sue parole, ma ha precisato ”se l’ho detto lo confermo”.


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La Corte d'Assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta © Emanuele Di Stefano


Sul punto i pm si sono concentrati anche con il successivo esame di Michela D’Alessandro, moglie di Nino e madre di Ida Castelluccio. Anche la signora D’Alessandro ha detto che in casa, nonostante “Nino fosse stato da noi per nove mesi quando era ancora fidanzato”, “di lavoro non ne parlava mai”. Una volta, però, l’agente avrebbe manifestato la volontà di lasciare il suo commissariato “ma pensavo scherzasse”, ha precisato la testimone. Anche a lei il pm De Giglio ha riportato delle dichiarazioni, da lei rese ne luglio 2007: “Mio genero aveva detto a mio marito che voleva andare via dal commissariato di San Lorenzo e che tramite sua cugina aveva chiesto il suo trasferimento al vicario al questore”. “Questa circostanza la ricordo”, ha affermato Michelina D’Alessandro. Il pm, quindi, ha chiesto se Ida Castelluccio le avesse riferito di essere preoccupata per sicurezza di suo marito. “No no, mia figlia riguardo a questo non mi ha mai accennato una parola”. De Giglio le ha pertanto riportato le sue dichiarazioni nel verbale in cui la donna affermava “parlando con me (Ida, ndr) disse che suo marito era preoccupato perché sospettava di alcuni vicini di via Paruta che non gli piacevano che secondo lui la osservavano”. “Questo lo avevano detto nella sua famiglia e io ho ripetuto quello che ha detto mia figlia”, ha affermato la teste. “Quindi queste cose sua figlia gliele ha dette?”, ha chiesto la Corte. “Sì, sì”, ha risposto la D’Alessandro. Successivamente è stato il turno dell’avvocato Fabio Repici. Il legale di parte civile, tra le altre cose, ha chiesto di alcuni dei parenti della donna, in particolare di suo cognato Santo Sottile, marito di Maria Concetta D’Alessandro, sua sorella. Sottile, è stato arrestato per la prima volta nel Natale del 1996 con l’accusa di essere favoreggiatore dell’ex boss stragista di San Giuseppe Jato (oggi pentito) Giovanni Brusca. “Lei ha saputo i motivi per cui suo cognato a un certo punto fu arrestato?”. “Questo è un discorso che non mi è mai interessato e non mi sono mai presa la biga chiedere”, ha risposto. “Non conosco assolutamente i motivi”. “Ha mai sentito parlare di Giovanni Brusca?”. “In televisione sì”, ha detto la donna. “Lei sia pure senza chiedere e informarsi, anche dopo, non ha mai saputo che suo cognato Santo Sottile è stato convolto in vicende che riguardavano Giovanni Brusca?”, ha chiesto il presidenteGulotta prendendo parola. “No, no mai”, ha risposto la D’Alessandro. “Ha saputo per quale motivo è stato detenuto Sottile?”, ha chiesto ancora Gulotta. “Non lo so e non le so dire per quanti anni è stato in carcere”. “E’ stato diversi anni in carcere - ha ribattuto Gulotta - e lei per questi anni non ha mai saputo perché fosse in carcere?”. “Mai saputo”, ha ribadito la teste. “Non ho mai chiesto a mia sorella”. “Ho saputo dalla televisione che mio cognato era stato arrestato e imputato per associazione mafiosa, ma l’hanno detto in televisione, io non lo sapevo”. Repici ha quindi chiesto se dopo l’omicidio di sua figlia si è “mai interrogata, parlando con sua sorella, di quali potessero essere le ragioni di questo omicidio?”. “Io con i miei familiari non ho mai preso questo argomento perché mi dicevano, ‘non parliamo perché rivangare queste cose per voi è come rivivere quei momenti’”. Con il cognato invece, ha affermato, di questo non se ne parlava “completamente perché lui era di poco parlare”. A questo punto, sempre riguardo alle sue parentele, in aula è stato chiesto alla teste di Vincenza Lentini, moglie del cognato della D’Alessandro e sua condomina, nonché cugina della moglie dell’imputato Gaetano Scotto. “Ha mai sentito parlare di Gaetano Scotto?”, le ha chiesto il presidente della Corte. “In vita mia non l’ho mai sentito, il suo nome l’ho sentito in televisione ora”. “E del rapporto tra i Lentini e Gaetano Scotto?”. “Non ho mai saputo nulla di loro”. Quindi ha preso nuovamente parola Fabio Repici. “Vincenza Lentini, abita nel suo stesso piano tuttora?”, le ha chiesto. “”, ha confermato la D’Alessandro. “E quando sono uscite notizie su Gaetano Scotto non le è venuta voglia di chiedere a Vincenza Lentini?”. “Assolutamente”, ha replicato. “Ma dai giornali avete saputo che la moglie di Gaetano Scotto è la cugina di Vincenza Lentini?” “No mai - ha dichiarato - Mai appresa questa circostanza”. “E con Vincenza Lentini non ne abbiamo mai discusso”, ha aggiunto. “Lei si è costituita parte civile in questo processo?”, le ha quindi chiesto Repici a fine esame. “”. “Non le è stato detto che negli atti di questo processo ci sono proprio i rapporti di parentela fra Vincenza Lentini e la moglie di Scotto?”. “A me non l’hanno detto”, ha dichiarato la testimone. Dopo di lei in aula sono stati auditi rapidamente, dopo che sono stati acquisiti i loro verbali, anche Luca Salvemini, ex dirigente del commissariato di San Lorenzo (dal 2014 al 2018) che ha riferito in merito ad acquisizioni documentali nel commissariato risalenti al periodo in cui era in servizio Agostino; Paolo Albanese, un tempo amico di Antonino Agostino; Maurizio Costante Amore, ex collega del poliziotto ucciso e Lia Aversa, la famosa ragazza con la quale Agostino aveva avuto una “brevissima frequentazione” prima che entrasse in Polizia e prima che conoscesse Ida Castelluccio, che ha confermato in aula di essersi frequentata con Agostino per “un mese e mezzo circa” e di “essersi vista con lui 4 o 5 volte” e che il rapporto si è interrotto di “comune accordo” senza più rivedersi o risentirsi. L’udienza è stata rinviata al 10 marzo e verranno sentiti Salvatore Barbera, Tindaro Irato, Giulio Martino, Jonny Vella e Attilio Bolzoni.

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