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Riemerge l'Asse "New York - Palermo" dopo la seconda guerra di mafia

Stanotte i carabinieri del Nucleo Investigativo hanno arrestato dieci persone nell'ambito di un'attività d'indagine denominata "Crystal Tower" e coordinata dalla Procura di Palermo nella persona del procuratore aggiunto Salvatore De Luca, dai sostituti Amelia Luise (di recente passata alla procura europea) e Giovanni Antoci.
Le accuse mosse a carico dei soggetti coinvolti sono di associazione mafiosa, detenzione di stupefacenti, favoreggiamento personale e tentata estorsione con l'aggravante del metodo mafioso.
Al vertice della famiglia mafiosa di Torretta - del mandamento mafioso palermitano di Passo di Rigano che rappresenta un "persistente e saldo legame" tra Cosa Nostra d'oltreoceano e Siciliana, come specificato dai carabinieri - ci sarebbe stato Raffaele Di Maggio, figlio dello storico boss Giuseppe, detto 'Piddu i Raffaele', morto nel gennaio 2019, "coadiuvato" da Ignazio Antonino Mannino, anche lui con una funzione "direttiva e organizzativa", e da Calogero Badalamenti, a cui sarebbe stata affidata l'area di Bellolampo. I carabinieri hanno citato anche Lorenzo Di Maggio, detto 'Lorenzino', scarcerato nell'agosto del 2017 e sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Carini. Quest'ultimo è stato accusato dal pentito Antonino Pipitone di essere stato il raccoglitore dei messaggi diretti a Matteo Messina Denaro.
“Gran parte dei pizzini sia della provincia che dei mandamenti di Palermo che dovevano arrivare al superlatitante arrivavano sempre a lui”, ha spiegato il collaboratore di giustizia. “I biglietti gli venivano consegnati o presso la sede dell’Amat (l’azienda trasporti di Palermo ndr) dove lavorava come impiegato, oppure a casa della madre”. Pipitone ha svelato che i pizzini venivano poi consegnati da Di Maggio a Calogero Caruso (finito ai domiciliari), “il quale a sua volta li consegnava a Campobello di Mazara, utilizzando l’auto del Comune di Torretta dove Caruso all’epoca lavorava”.


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C'è poi il ruolo di Calogero Caruso, detto 'Merendino', "anziano affiliato - sottolineano i carabinieri - e già figura di vertice della famiglia mafiosa torrettese, sotto il quale si andava accreditando il nipote Filippo Gambino", soggetto poi arrestato nell'ambito dell'operazione. Tra i nomi evidenziati dagli investigatori c'è anche quello di Calogero Christian Zito, monitorato in numerosi spostamenti tra la Sicilia e gli Usa e attualmente ricercato. Accanto a questi, le indagini si sono concentrate anche su due imprenditori edili torrettesi, i fratelli Puglisi, "pienamente inseriti nelle dinamiche" osservate dagli investigatori. In manette sono finiti anche Giovanni Angelo Mannino, Francesco e Natale Puglisi. Obbligo di dimora invece per Paolo Vassallo.
Inoltre gli investigatori sono riusciti a mettere in luce i collegamenti che intercorrono ancora oggi tra Cosa Nostra Siciliana e Americana, constatando la rinascita dell'Asse Palermo - New York, spezzato durante la seconda guerra di mafia degli anni '80, in cui a prevalere sono stati i corleonesi guidati da Salvatore Riina.
Infatti il generale Arturo Guarino, il comandante provinciale dell'Arma, ha detto: "L'indagine dimostra la persistenza di intense relazioni con la mafia italo-americana, un legame che costituisce una chiave di lettura del fenomeno criminale che attraversa generazioni e resta un elemento di reciproca forza identitaria ed influenza operativa".





Ad oggi, da quanto emerge dell'inchiesta, sembra che Palermo abbia già iniziato a riallacciare quei rapporti mafiosi con 'l'ala perdente' di Cosa Nostra a cominciare da quel 27 settembre di tre anni fa quando degli imprenditori Puglisi hanno curato l’accoglienza di un esponente del clan Gambino arrivato all’aeroporto Falcone e Borsellino. Tra onori e regali - tra cui 5 grammi di cocaina - l'ambasciatore dei Gambino è stato prima accompagnato a Baucina, per incontrare un italo-americano su cui il giudice Falcone aveva già indagato all’inizio degli anni Novanta, quando Torretta era il punto nevralgico di un grande traffico di droga fra la Sicilia e gli Stati Uniti. Dopodiché il rappresentante dei Gambino ha incontrato il capomafia Raffaele Di Maggio e il 4 maggio è tornato negli Stati Uniti.
Inoltre la mafia d'oltreoceano, secondo gli investigatori, era capace di condizionare, attraverso propri emissari, gli assetti criminali torrettesi ma era anche "fonte di tensioni", come in occasione dell'omicidio del mafioso newyorkese Frank Calì, detto 'Franky Boy', esponente della famiglia Gambino, ucciso nella sua residenza di Staten Island, a New York, il 13 marzo 2019. Infatti nei giorni successivi all'omicidio il figlio di uno degli indagati nell'inchiesta della Dda è partito per gli Stati uniti e durante la sua permanenza a New York ha incontrato diversi appartenenti a Cosa nostra Usa. Rientrato dal viaggio, il giovane ha riferito il clima di profonda tensione creatosi sulla sponda americana, "esprimendo le proprie valutazioni sulla possibile successione a Calì. Negli stessi giorni a Torretta gli investigatori registravano i commenti "di prima mano" di alcuni degli indagati che conoscevano personalmente Calì" e che in un primo momento avevano temuto che l'episodio potesse ingenerare una pericolosa escalation di violenze nella quale rischiavano di rimanere direttamente coinvolti anche altri soggetti a lui vicini e considerati attivi nel contesto mafioso americano. Tuttavia i boss si sono tranquillizzati in seguito poiché hanno scoperto che non c’era nessun traditore in famiglia, Frankie Boy era stato ucciso da un balordo.

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