Tra gli organizzatori Settimo Mineo e Calogero Lo Piccolo
"Una figura di riferimento per gli abitanti della zona, una persona a cui rivolgersi per ottenere il permesso per avviare una nuova attività commerciale, o per recuperare la merce che era stata rubata, a cui veniva chiesto un intervento risolutivo nell'ambito di rapporti privati aventi oggetto la locazione di immobili o il pagamento di un credito di denaro". Sono queste le parole con cui il giudice Rosario Di Gioia ha descritto la figura di Settimo Mineo nelle motivazioni della sentenza del processo "Cupola 2.0" concluso lo scorso 3 dicembre con rito abbreviato.
L'iter giudiziario è scaturito a seguito dell'inchiesta condotta dai carabinieri e dalla direzione distrettuale antimafia (pm Amelia Luise, Francesca Mazzocco, Dario Scaletta, Gaspare Spedale, Bruno Brucoli, coordinati dal procuratore Francesco Lo Voi e dell'aggiunto Salvatore De Luca) sulla riunione della commissione provinciale di Cosa Nostra che ha avuto luogo il 29 maggio 2018 esattamente dopo 25 anni dalla cattura di Salvatore Riina.
Secondo gli inquirenti la riunione c'è veramente stata ed è stato un tentativo di Cosa Nostra di rinascere attraverso la ricomposizione della struttura dirigenziale.
"Summa del rapporto intrattenuto da Mineo con i capi degli altri mandamenti - si legge nelle motivazioni della sentenza - è sicuramente rappresentata dalla partecipazione soprattutto alla riunione del 29 maggio 2018, tenuta tra i più importanti capi mandamento della provincia. Tale riunione era stata organizzata allo scopo di ricostituire la commissione provinciale e fornire nuove e indispensabili regole di organizzazione e di comportamento all'interno di Cosa Nostra".
L'impianto accusatorio nei confronti degli imputati ha portato al primo grado di giudizio per un totale di oltre quattro secoli di condanne per 46 imputati. Invece sono state 9 le assoluzioni, mentre un imputato risulta deceduto.
Al capo mafia Mineo (difeso dagli avvocati Stefano Santoro e Giovanni Restivo, i quali hanno già fatto sapere che chiederanno l'Appello) è stata inflitta una condanna di sedici anni ed il gap ha scritto di lui che "ha rivestito incontestabilmente la carica di capo del mandamento di Pagliarelli, distinguendosi quale soggetto mafioso dotato della maggiore autorevolezza sul territorio".
Il giudice ha ritenuto provati anche gli incontri con Calogero Lo Piccolo (figlio di Salvatore Lo Piccolo, capo del mandamento di San Lorenzo e già condannato a 27 anni di reclusione) "I suddetti rendez-vous con Mineo assumono rilevantissima significatività - ha scritto il Gup - anche perché effettuati nei giorni immediatamente successivi alla riunione del 29 maggio 2018 e tali pertanto da far pensare che gli appuntamenti tra i due capi-mafia avessero lo scopo di definire, riservatamente, le modalità attuative di quanto statuito nella riunione".
Inoltre il giudice ha attribuito il ruolo di capo indiscusso anche a Gregorio Di Giovanni - detto reuccio o sorriso poiché non rideva mai - "Gli elementi acquisiti - si legge nel documento - hanno consentito di comprovare con assoluta certezza la permanenza e l'attuale occupazione del principale ruolo direttivo del mandamento di Porta Nuova" e poi ancora "com'è consuetudine per i soggetti ricoprenti ruoli apicali all'interno di Cosa Nostra - ha scritto il giudice - l'attività captativa ha evidenziato che Di Giovanni fosse frequentemente considerato un punto di riferimento al quale occorreva rivolgersi per i problemi solving di varia natura tra gli associati, tra cui il mantenimento ai detenuti e questioni economiche".
In foto da sinistra: Settimo Mineo e Calogero Lo Piccolo
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