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Il Procuratore Paci: "Il carcere non ferma catena comando"

Estorsioni, danneggiamenti, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (cocaina, marijuana, hashish), detenzione e porto illegale di armi. Sono queste le accuse nei confronti delle 30 persone raggiunte dall'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip, su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta eseguita dalla Polizia di Stato in provincia di Enna.
Secondo gli investigatori l'organizzazione criminale, cercava di imporre il pagamento del "pizzo" e controllare, in regime di monopolio, il mercato della droga nell'Ennese.
Nel corso dell'attività investigativa è stato anche scongiurato un omicidio e sono state sequestrate ingenti quantità di sostanze stupefacenti e armi da fuoco. Le indagini traggono origine dall'operazione denominata "Homo Novus" che nel 2014 aveva portato all'arresto e alla successiva condanna degli affiliati ad una neo costituita "famiglia" di "Cosa Nostra" di Leonforte che per i giudici era guidata da Giovanni Fiorenza e dai figli che secondo la Dda "sebbene reclusi in carcere hanno dato precise disposizioni e direttive, anche con comunicazioni epistolari (da qui il nome dell'operazione 'Caput Silente')".
Spiegano gli investigatori di aver documentato, grazie ad intercettazioni telefoniche, ambientali e videoriprese, a cui si aggiungono appostamenti e pedinamenti, "le vendite di stupefacenti e diversi episodi di danneggiamento, tra i quali spiccano quelli effettuati nei confronti di imprenditori appartenenti anche all'associazione Antiracket e ai danni di due poliziotti di Leonforte". Il modus operandi della maggior parte dei danneggiamenti "è consistito nel taglio delle gomme delle auto e nell'incisione della carrozzeria mediante solchi raffiguranti crocifissi". Ad un imprenditore sono state recapitate buste da lettera contenenti due proietti con la richiesta del pagamento di un'ingente somma di denaro. Dall'indagine è emerso anche il tentativo sventato dalle forze dell'ordine nel 2019 di uccidere uno spacciatore che risultava insolvente. Tutti gli arrestati si trovano in diversi istituti carcerari o agli arresti domiciliari.

Nella conferenza stampa il Procuratore facente funzioni di Caltanissetta, Gabriele Paci ha evidenziato il "fortissimo interesse per il territorio di Enna, come Dda, che è antico, perché qui nascono le idee delle stragi, qui si svolgono le riunioni dove si decidono i destini di quegli anni maledetti". E poi ancora: "Qui nasce, lavora, opera una parte di quella classe politica che ha svolto attività di mediazione al tempo delle stragi, - ha proseguito - dove entra in ballo anche l'autodromo che doveva essere dato come contropartita per bloccare le stragi. Un crocevia di interessi legati ora alle famiglie catanesi, ora palermitane".
Paci ha sottolineato che l'inchiesta che ha portato oggi agli arresti è stata "pura", basata sulle intercettazioni e pedinamenti, permettendo anche di prevenire un omicidio. "Spesso le intercettazioni sono un mezzo di prevenzione. Una considerazione generale - ha aggiunto Paci - riguarda il carcere, in questi giorni in cui si discute molto di diritti collegati allo status di detenuto in relazione ad indagini di Mafia. Questa indagine dimostra come sia impossibile spezzare la catena di comando, come nonostante si tratti di soggetti collegati al circuito di alta sicurezza, riescano a dettare le regole all'interno del carcere come nel caso della famiglia Fiorenza. Resta essenziale per la Dda di Caltanissetta, mantenere un controllo vivo del territorio di Enna che è centrale".
Ed infine ha concluso con una considerazione riguardo il carcere, tema delicato in questi giorni specie rispetto di diritti collegati allo status di detenuto in relazione ad indagini di Mafia. "Questa indagine - ha detto Paci - dimostra come sia impossibile spezzare la catena di comando, come nonostante si tratti di soggetti collegati al circuito di alta sicurezza, riescano a dettare le regole all'interno del carcere, come nel caso della famiglia Fiorenza".

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