Intanto oggi l'operazione sul mercato nero degli orologi di lusso
E' con cautela che la Procura di Palermo si approccia alle rivelazioni di Gaetano Fontana l'ultimo figlio del Boss storico del mandamento dell’Acquasanta Stefano Fontana che dice di voler collaborare con la giustizia.
Se al momento, come scritto oggi da La Repubblica, per lui ed i suoi familiari non è scattata alcuna misura di protezione, è certo che le sue dichiarazioni sono state utili per giungere all'operazione odierna che ha portato all'esecuzione di 15 misure cautelari tra la Sicilia e la Lombardia e al sequestro beni per circa 2,6 milioni di euro.
Un'indagine, quella coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, riguarda gli investimenti di Cosa nostra nel mercato nero degli orologi di lusso (rete che ha visto come clienti Marco Borriello, ex calciatore della Nazionale, Lele Mora manager dei vip e Andrea Rispoli, ex giocatore del Palermo) e rappresenta la prosecuzione dell'operazione 'Mani in pasta', che nel maggio 2020 inflisse un duro colpo al clan Fontana con l'esecuzione di novanta misure cautelari personali in tutta Italia per associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, reimpiego di capitali illeciti, esercizio abusivo di giochi e scommesse.
Con i magistrati di Palermo Gaetano Fontana ha riempito sei verbali, rispondendo alle domande dei pm e del Gip.
Ma resta la grande cautela sulle sue dichiarazioni. Il motivo? Ha affermato di “non essere più mafioso dal 1996” nonostante la sentenza di condanna a 7 anni di reclusione scaturita dall’inchiesta Addiopizzo 1 (assoluzione in primo grado, 10 anni e 4 mesi in appello con successivo verdetto definitivo della Cassazione). Non solo. Ha anche dichiarato di “non avere beni nascosti”, che il padre “non era un boss” e di non sapere assolutamente nulla dei segreti che la sua famiglia, una delle più importanti di Palermo, deterrebbe.
Legami di alto livello di cui hanno parlato altri ex membri della famiglia mafiosa che hanno già collaborato con la giustizia come il cugino Vito Galatolo, che raccontò anche del progetto di attentato nei confronti del pm di Palermo Nino Di Matteo, e lo zio Angelo Fontana.
Inoltre in aula si è poi lamentato della “scarsa attenzione” della Procura nei riguardi del suo caso sottolineando che “ho chiesto più volte di essere sentito, ma non è venuto nessuno”. Cosa che i magistrati hanno smentito.
Perché Fontana insiste nel voler essere sentito dagli inquirenti? Andrà più a fondo nei dettagli riguardanti il patrimonio di famiglia?
I magistrati comunque vogliono vederci chiaro. L'operazione odierna dimostra che alcune dichiarazioni dello stesso possono avere una certa rilevanza.
Storia giudiziaria del caso
Intanto, però, è possibile tracciare un quadro storico del percorso criminale che lo ha visto protagonista lontano dalla terra di origine dopo che gli inquirenti lo accusarono nel 2000 di essere il nuovo reggente del mandamento dell’Acquasanta, decise così di trasferirsi nel capoluogo Lombardo.
Ma i primi sequestri al patrimonio del Fontana scattarono nel 2019 quando vennero messi i sigilli sul denaro (un milione di euro) che la moglie (finita un anno dopo agli arresti domiciliari) avrebbe esportato a Milano e che poi venne investito in diverse attività e beni: una gioielleria in pieno centro, la Luxury Horus in via Felice Cavallotti, una casa e due box.
A seguire avvenne il congelamento di 50 mila euro (presenti in sei conti bancari a lui riconducibili), poi ci fu un’indagine con successivo sequestro di due società di commercio del caffè.
Foto © Imagoeconomica
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