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Beni per un valore di 40 milioni di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia a Giovanni Pilo, 83 anni, imprenditore edile palermitano residente in provincia di Roma. Il provvedimento è stato emesso dalla Prima sezione penale e misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, presieduta da Raffaele Malizia, su proposta del direttore della Dia.
Pilo, sposato con Anna Gambino, sorella di Giacomo Giuseppe detto 'U Tignusu', già capo del mandamento di San Lorenzo e componente della Commissione provinciale di Palermo, la Cupola, è ritenuto dagli investigatori "uomo d'onore" della famiglia mafiosa di Resuttana. Fu sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nel 1976 e nel 1985 perché gravemente indiziato di appartenere a Cosa nostra. Successivamente riportò una condanna a 7 anni di reclusione nell'ambito del maxi processo per partecipazione ad associazione mafiosa.
Di lui e dei suoi "stretti rapporti" intrattenuti nel tempo con esponenti di vertice di Cosa nostra avevano parlato collaboratori di giustizia del calibro di Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno e Salvatore Anselmo.
Oggi gli investigatori della Dia hanno ricostruito l'ascesa imprenditoriale di Pilo, "schieratosi nel corso della seconda guerra di mafia degli anni '80 dalla parte dei Corleonesi" che, risultati vincitori, scelsero di farsi affiancare anche da costruttori per il cosiddetto 'sacco' di Palermo, il controllo dell'urbanizzazione selvaggia e l'avvio di progetti speculativi ai danni del capoluogo siciliano. Secondo l'accusa questo avrebbe consentito a Pilo di conseguire illeciti vantaggi nello svolgimento della propria attività d'impresa, "a tal punto viziata dall'appoggio di Cosa nostra - spiegano gli investigatori - da poterlo definire vero e proprio 'imprenditore mafioso' collettore degli interessi della mafia nel settore edile e immobiliare".
Gli accertamenti patrimoniali effettuati dalla Direzione investigativa antimafia, inoltre, hanno evidenziato una netta sperequazione fra i redditi dichiarati da Pilo e gli investimenti sostenuti, "da ritenersi pertanto frutto o reimpiego di capitali illeciti". La confisca che ha colpito beni intestati all'imprenditore, alla moglie e al figlio già sequestrati dalla Dia lo scorso giugno, ha riguardato una villa; 145 immobili, tra i quali anche numerosi terreni, tra Palermo, Roma e Trapani; l'intero capitale sociale di 8 società di capitali con sede a Roma di cui 5 con il relativo compendio aziendale; 4 polizze assicurative; 5 rapporti bancari con ingenti saldi attivi per un valore complessivo di stimato in 40 milioni di euro.

Foto © Imagoeconomica

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