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Questa mattina i finanzieri del Comando provinciale di Messina hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell'imprenditore agricolo di 58 anni, risultato vicino ad esponenti della criminalità organizzata operante nell'area dei Nebrodi ed accusato, in concorso con altri, dell'indebita percezione di finanziamenti pubblici e prestazioni assistenziali e previdenziali riconducibili al cosiddetto "falso bracciantato agricolo", nonché innumerevoli ipotesi di falso.
Il provvedimento eseguito è lo sviluppo dell'operazione "Ladybug", dal nome della principale società coinvolta, condotta dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Patti e che, nel dicembre scorso, aveva già portato al sequestro preventivo, disposto dalla procura di Messina di beni per un valore di circa 1,5 milioni di euro a conclusione anche di una indagine dei finanzieri di Patti che aveva consentito di stroncare un rodato meccanismo illecito, grazie al quale diverse centinaia di lavoratori avevano conseguito le indennità assistenziali e previdenziali destinate al settore agricolo, con un danno per le casse dell'Inps di oltre 550 mila euro. Uno schema che aveva messo le mani anche su contributi pubblici, ammontanti a circa mezzo milione di euro, concessi dall'Agea per migliorare le strutture aziendali agricole dei Nebrodi.
Nella frode scoperta, risultarono implicate ben 15 società che, sistematicamente, erano risultate dedite all'utilizzo strutturato di fatture "gonfiate", al solo fine di dimostrare ai due enti pagatori, l'Ispettorato dell'Agricoltura di Messina e l'Agea, spese riferibili alla realizzazione di lavori agricoli, in realtà mai sostenute.
A far scattare questa misura cautelare personale sono state le determinanti dichiarazioni rese da due recenti collaboratori di giustizia, entrambi raggiunti dall'ordinanza di misura cautelare in carcere nell'ambito della maxi operazione "Nebrodi" che, nel decorso gennaio 2020, ha portato la Dda di Messina a disporre l'esecuzione di 94 ordinanze di custodia cautelare per associazione a delinquere di stampo mafioso, con il contestuale sequestro di oltre 150 aziende legate ai clan dei tortoriciani e dei batanesi per il controllo di ingenti contributi Agea.

Foto © Imagoeconomica

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