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Un'ampia disponibilità di armi, anche da guerra, è stata sequestrata nell'ambito dell'operazione "Minecraft", condotta dalla Dda di Catania, che ha decapitato il clan Cappello-Bonaccorsi. Così sono stati rinvenuti tre fucili d'assalto Kalashnikov calibro 7.62 tra le armi sequestrate dalla polizia nell'operazione antimafia 'Minecraft' condotta dalla Dda di Catania contro il clan Cappello-Bonaccorsi. La scoperta dell'arsenale nell'abitazione di Giuseppe Di Stefano, uno dei 15 arrestati per ordine del gip del tribunale etneo. Oltre a quattro giubbotti antiproiettile, la polizia ha scoperto: una pistola mitragliatrice Luger e una Skorpion, un fucile mitragliatore Sterling MK5, due pistole semiautomatiche calibro Beretta e una Colt e un fucile Beretta AR70 Sport con gruppo ottico. Nell'abitazione di un altro degli arrestati, Sebastiano Cavallaro, sono stati scoperte altre due pistole semiautomatiche (una marca Glock e l'altra Beretta) e una scatola di cartone per munizioni con 38 cartucce Geco.
L'operazione è stata condotta dalla Polizia e del Servizio Centrale Operativo, insieme ai Reparti Speciali.
A finire in manette diversi soggetti, accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso in quanto ritenuti appartenenti del clan Cappello-Bonaccorsi con l'aggravante di essere associazione armata, associazione a delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanza stupefacente e spaccio in concorso delle medesime sostanze con l'aggravante di avere agevolato il clan Cappello-Bonaccorsi; detenzione illegale e porto in luogo pubblico di diverse armi clandestine da guerra nonché ricettazione delle stesse.
Così sono stati arrestati Massimiliano Cappello, 54 anni; Salvuccio Junior Lombardo, 27 anni; Sebastiano Cavallaro, 29 anni; Renzo Cristaudo, 29 anni; Alessio Finocchiaro, 27 anni; Emio Cangemi, 46 anni; Giuseppe Spartano, 32 anni; Costei Suru, 37 anni, Giuseppe Di Stefano, 44 anni; Giuseppe Francesco La Rocca, 26 anni; Francesco Cavallaro, 36 anni; Domenico Alessandro Messina, 28 anni (già ai domiciliari per altra causa); Giusi Messina, 46 anni; Giovanni Santoro, 38 anni e Giuseppe Paolo Rapisarda, 39 anni, già detenuto per altra causa.
In particolare, a Massimiliano Cappello e a Salvuccio Lombardo Jr. il gip ha riconosciuto il ruolo di capi ed organizzatori della cosca mafiosa. Il provvedimento del gip è scaturito dall'esecuzione di decreti di fermi emessi da questa Procura distrettuale il 28 gennaio scorso che ha consentito il rinvenimento di numerose armi da fuoco.
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania e dal Servizio Centrale Operativo, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che erano state avviate a seguito della scarcerazione di Massimiliano Cappello - fratello dello storico leader Turi Cappello - avvenuta il 16 giugno 2019, erano finalizzate a monitorare la riorganizzazione del clan Cappello-Carateddi, duramente colpito dai numerosi provvedimenti giudiziari succedutisi senza soluzione di continuità negli ultimi anni.
Spiegano gli investigatori come le indagini condotte nei confronti di Massimiliano Cappello hanno permesso di individuare uno dei più fedeli collaboratori di quest'ultimo in Emilio Cangemi che, nel periodo coperto dalle indagini, ha rivestito il ruolo di factotum di Cappello, essendo questi limitato negli spostamenti per via della sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
Il monitoraggio dei due ha permesso di far emergere l'impegno di Massimiliano Cappello nel riprendere in mano le fila del clan, tanto da organizzare presso la sua abitazione, dove era stato avviato un monitoraggio a mezzo di videoriprese, incontri con esponenti storici dell'organizzazione, talora fissati presso abitazioni di terzi soggetti estranei al clan ma a disposizione degli indagati, al fine di scongiurare eventuali controlli da parte delle Forze dell'Ordine. E' emerso che Massimiliano Cappello, unitamente a Cangemi, gestiva una piazza di spaccio nel popolare quartiere di San Giovanni Galermo, fattivamente collaborato sul posto da Giuseppe Paolo Rapisarda, che sovrintendeva alle attività illecite di offerta in vendita e spaccio di sostanze stupefacenti.
Con le indagini è stato accertato che Salvuccio Jr. Lombardo, nonostante la giovane età, era a capo della squadra più pericolosa della consorteria mafiosa, in quanto dotata di una notevole disponibilità di armi, la quale aveva la sua base operativa nei villaggi balneari di Campo di Mare e Ippocampo di Mare, nel parco dell'Oasi del Simeto all'estrema periferia sud di Catania. I due villaggi costruiti a ridosso del mare e quindi già di per sé difficilmente accessibili erano stati non solo colonizzati dagli indagati, ma trasformati in veri e propri fortini presidiati da impianti di video sorveglianza e da vedette al fine di prevenire intrusioni da parte di Forze di polizia o comunque da soggetti non autorizzati. A tal proposito, temendo di essere destinatari di misure cautelari, i sodali non solo trascorrevano talora le notti aggirandosi in prossimità degli uffici di polizia, per monitorare l'eventuale uscita di mezzi che potessero lasciar presagire l'esecuzione di provvedimenti di cattura, ma avevano anche pianificato (dotandosi a tal fine di idonei strumenti tecnici) l'installazione di telecamere in corrispondenza di punti di interesse, tra i quali anche la sede della Squadra Mobile di Catania.
Lombardo era attivamente coadiuvato da Sebastiano Cavallaro, al quale il G.I.P. ha riconosciuto il ruolo di organizzatore, preposto alla gestione degli affari riconducibili illeciti del gruppo di Salvuccio Jr Lombardo, tra i quali, principalmente, il traffico di un particolare tipo di sostanza stupefacente denominata, in gergo, "amnesia" proprio in relazione agli effetti prodotti sul fisico di chi la assume. I due sodali potevano altresi' contare sulla stabile partecipazione all'organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti di Francesco Cavallaro, Giuseppe Francesco La Rocca, Giuseppe Spartano, Giuseppe Di Stefano e Renzo Cristaudo. Nei confronti degli ultimi due il gip, ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza anche per associazione di stampo mafioso.

Foto © Imagoeconomica

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