Il libro Cosa nostra Spa presentato al “Valentia in Festa 2020”
Una mafia al passo con i tempi, capace di infiltrarsi nel tessuto economico nazionale ed internazionale e di avere collegamenti importanti con il potere. Questi sono alcuni dei punti affrontati dal magistrato Sebastiano Ardita nel suo libro “Cosa Nostra S.p.a.”. Nei giorni scorsi il volume è stato presentato nell’ambito dell’evento “Valentia in Festa 2020”, organizzato da “Associazione Valentia”. Nell’intervista che il consigliere togato del Csm ha rilasciato a Gabriella Passariello e Anthony Lo Bianco sono stati affrontati vari temi, incentrandosi su quell’evoluzione che l’organizzazione criminale ha avuto dagli anni Novanta ad oggi.
Un momento chiave è sicuramente stato quello delle stragi, che portò un cambio radicale con una strategia di attacco frontale allo Stato. “Quella fu un'anomalia”, ha spiegato il consigliere togato del Csm. A dimostrarlo l’inabissamento successivo ed il ritorno ad una metodologia basata sulla corruzione e l’infiltrazione.
Sempre mantenendo il controllo del territorio ed il potere. “Il primo obbiettivo è quello del potere - ha proseguito Ardita - il potere di condizionare gli eventi che avvengono su un territorio, ma strettamente connesso a questo obbiettivo c’è anche quello di fare soldi, quindi gestire dal punto di vista economico gli interessi patrimoniali”. Per conseguire i propri scopi Cosa Nostra ha da sempre ricercato e coltivato rapporti con il potere ufficiale creando sodalizi criminali dove si legano elementi della politica, dalla finanza, dagli enti pubblici e dalle istituzioni con personaggi appartenenti all’organizzazione criminale. “Il core business della mafia - ha spiegato Ardita - è oggi quello della gestione dei rapporti economici, politici e istituzionali. E' come se oggi il concorso esterno fosse il nuovo cuore della mafia”. Infatti nella gestione dei propri capitali, ormai miliardari, la mafia ha cominciato a servirsi di professionisti esterni che sono in grado di riciclare grandi quantità di denaro riversandolo poi nell’economia legale. Un agire tipico di una mafia al passo con i tempi, che è in grado di rimanere nascosta e conquistare nuovi territori grazie alla sua struttura compatta e verticistica.
Il magistrato catanese ha evidenziato come ancora oggi si insiste sulla ricerca e sulla repressione di elementi “interni” mancando di puntare su chi da esterno ha collaborato con Cosa Nostra e che oggi rappresenta la vera forza dell’organizzazione. “Esiste un sistema grigio, coperto, che opera nel buio delle attività illecite del colletto bianco e che teme il concorso esterno” ha proseguito Ardita per poi focalizzarsi sulla necessità di un intervento legislativo in grado di tipicizzare il comportamento di chi favorisce la mafia. Una necessità essenziale per dare all’autorità giudiziaria il giusto strumento normativo in grado di andare a recidere i rapporti tra mafia e potere. Del resto è evidente che il concorso esterno fa paura ai potenti: “Perché è il cuore del problema, perché estende la responsabilità del reato anche a chi non lo ha commesso direttamente ma lo ha agevolato come descrive l’articolo 110 del codice di procedura penale. Se il legislatore avesse il coraggio di fare una legge in cui si tipizza il comportamento di chi favorisce la mafia questo aumenterebbe la sfera di applicabilità di questo istituto. Invece non lo fa”.
La cultura dell’antimafia
L’antimafia si può definire tale solo se ricerca e attacca i rapporti tra il potere e l’organizzazione mafiosa, ha replicato il magistrato Ardita, “ogni volta che bisogna contrastare un sistema criminale di tipo mafioso occorre recidere i suoi collegamenti con il potere. Perché la mafia esiste se ha un rapporto con il potere altrimenti non è mafia ma un problema più facile da risolvere”. Dunque, secondo il consigliere togato, la giustizia non deve limitarsi a sopprimere episodi che vengono provocati da un contesto sociale disagiato e lo Stato non può esercitare solo una mera azione repressiva. E nel suo intervento ha sottolineato come troppe volte “ci si accontenta di somministrare un’aspirina invece di andare a colpire il cuore del problema che colpisce un organismo nella sua interezza”.
Altro argomento affrontato è il recente episodio avvenuto in Germania in cui un giudice tedesco ha dichiarato che il nome di Giovanni Falcone non merita protezione perché ormai lo conoscono solo gli addetti ai lavori. Un fatto che secondo Ardita indica “come ci sia una cultura carente nel contrasto dei fenomeni criminali. C’è una voglia di liberarsi dei fantasmi del passato e dii quelli che dovrebbero essere i punti di riferimento, delle icone di legalità che vengono visti invece come degli spettri. Questa è la realtà”. Una carenza sia a livello nazionale sia Europeo che può essere colmata solo attraverso un costante lavoro culturale in cui occorre prima di tutto parlare alle nuove generazioni e “spiegargli che la vita non va bruciata non va sprecata”.
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