Tra loro Settimo Mineo, Calogero Lo Piccolo e Leandro Greco, nipote del "Papa"
Sono oltre 400 gli anni di carcere complessivi a cui il gup di Palermo ha condannato boss, colonnelli e gregari di Cosa nostra arrestati due anni fa nell'ambito di un'inchiesta della Dda del capoluogo sui clan mafiosi palermitani, anche nota come "Cupola 2.0". Un'indagine che svelò la riorganizzazione di Cosa nostra e soprattutto il progetto delle cosche di ricostituire la commissione provinciale in seguito alla morte del Capo dei capi, Totò Riina. La sentenza con il rito abbreviato è stata pronunciata oggi nell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, dal gup Rosario Di Gioia, nei confronti di 56 imputati (47 i condannai e 9 gli assolti). Il gup ha condannato i vertici dei clan mafiosi di Palermo e provincia: tra loro a 16 anni di carcere Settimo Mineo, il vecchio 'padrino' designato alla ricostruzione della Cupola e reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli, a 27 anni (in continuazione) Calogero Lo Piccolo, figlio del boss di San Lorenzo Salvatore e fratello di Sandro, a 15 anni e 4 mesi Gregorio Di Giovanni e a 12 Leandro Greco, nipote del 'papa' di Cosa nostra, Michele Greco e Filippo Annatelli, condannato a 13 anni e 4 mesi.
Gli imputati rispondevano di mafia, estorsione, danneggiamenti e intestazione fittizia di beni. Nel febbraio scorso, al termine della requisitoria, l'accusa rappresentata dai pm Amelia Luise, Dario Scaletta, Francesca Mazzocco e Bruno Brucoli, aveva chiesto condanne per circa 7 secoli.
Secondo quanto emerso nelle indagini a fine maggio 2018 si sarebbe tenuto un importante vertice istituito proprio al fine di riorganizzare tutto il Gotha di Cosa nostra palermitana. All’incontro avrebbero partecipato il capomandamento di Pagliarelli, Settimo Mineo, insieme a Gregorio Di Giovanni e Leandro Greco (nipote di Michele Greco, detto “il papa”), rispettivamente capimandamento di Porta Nuova e Ciaculli-Brancaccio. Insieme a loro sarebbero stati presenti anche i boss Calogero Lo Piccolo e Francesco Colletti, quest’ultimo si è poi pentito dopo il suo arresto, così come Filippo Bisconti, boss di Belmonte Mezzagno
Foto © Imagoeconomica
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