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Giovanni Spampinato nacque a Ragusa il 6 novembre 1946, a soli 25 anni diventò corrispondente del quotidiano L’Unità e successivamente de L’Ora di Palermo.
Venne assassinato con sei colpi di pistola il 27 ottobre 1972.
Nella provincia di Ragusa la presenza criminale, al tempo, non era palese come a Palermo. Nel dopoguerra in città c'era stata una grande crescita economica determinata dalla scoperta di numerosi giacimenti di petrolio da parte degli Americani nel 1953, che diede vita ad una fiorente attività industriale.
Ragusa, detta la “provincia Babba” per la sua placidità e il carattere pacifico, era una città in cui il concetto di mafia arrivava soltanto di riflesso, ma sotto quella patina di apparente benessere si muovevano nell’ombra sinistri interessi legati alle mafie a alle organizzazioni neofasciste, caratterizzate dalla presenza di campi di addestramento paramilitari sparsi sul territorio della provincia.
Giovanni Spampinato comincia la sua attività giornalistica nel periodo della cosiddetta Strategia della Tensione che ebbe inizio con la Strage di Piazza Fontana il 12 dicembre 1969.
All’età di 25 anni pubblicò un’ampia e approfondita inchiesta sul neofascismo. Un lavoro condotto sui territori di Ragusa, Catania e Siracusa col quale riuscì a documentare le attività illecite e i collegamenti con l’estrema destra locale e la criminalità organizzata che controllava il traffico di opere d’arte, armi, sigarette e droga.
Una delle piste che Giovanni seguì fu quella del contrabbando di sigarette; arrivando a scoprire che dalle navi in arrivo dalla Grecia non si scaricavano solo tabacchi ma anche armi. I proventi di questo traffico furono ingenti.
Spampinato riuscì a scoprire che non erano coinvolti solo elementi della bassa criminalità mafiosa o membri dei gruppi neofascisti ma anche personalità che ricoprivano alte cariche all’interno della società.
Una di queste in particolare fu Angelo Tumino, personaggio molto conosciuto a Ragusa come consigliere comunale del M.S.I e che oltre al suo mestiere di ingegnere si occupava anche della vendita di reperti archeologici. Nella notte del 25 febbraio 1972 venne assassinato in contrada Ciarber.
Il corpo venne ritrovato con un foro da proiettile in mezzo agli occhi.
Nelle indagini che seguirono venne anche coinvolto il figlio del presidente del tribunale di Ragusa, il giovane ventottenne Roberto Campria. I quotidiani locali parlarono molto poco dell’accaduto, se non in qualche rosicato trafiletto. Giovanni Spampinato fu l'unico giornalista che continuo a scrivere e a rivelare il coinvolgimento di Campria nelle indagini. Secondo logica e procedura l’inchiesta avrebbe dovuto essere trasferita in un'altra sede in quanto uno degli indagati era il figlio del presidente del tribunale, ma invece non fu così e il giovane cronista venne criticato e isolato. Ad oggi, del delitto Tumino non si conoscono ancora esecutori, mandanti e movente.
Nei suoi articoli Spampinato continuò a scrivere del caso Tumino, riportando fatti e incongruenze che riguardavano la figura di Campria, come quando rivelò che, subito dopo l’omicidio, Campria si trovava in casa del morto a rovistare tra le sue carte e i suoi oggetti, quest’ultimo cercò diverse volte di persuadere Giovanni a smettere di scrivere su di lui ed a occuparsi di altro.
Ma il giovane giornalista non sviò dai suoi propositi. Nella notte del 27 ottobre 1972, il Campria decise di chiudere la questione per sempre. Telefonò a Giovanni facendogli intendere di voler parlare con lui. Giovanni arrivò all’appuntamento a bordo della sua cinquecento e parcheggiò davanti alle porte del carcere di Ragusa, dopo una concitata discussione con il Campria quest’ultimo gli scaricò addosso sei colpi di pistola per poi andare a costituirsi al direttore del carcere.
Giovanni Spampinato verrà portato in ospedale nel tentativo estremo di salvarlo ma vi giungerà senza vita.
Il processo si chiuse con una sentenza di condanna a 14 anni di reclusione per il Campria ridotti poi a 8 per certificata infermità mentale.
La storia di Giovanni Spampinato è la storia di un ragazzo che cercava la verità dove nessuno aveva interesse a trovarla. Era rimasto solo in questa ricerca e a fermarlo prima dei proiettili fu il muro del silenzio e dell’indifferenza.
Le persone come Giovanni Spampinato, che siano magistrati, giornalisti o attivisti non vanno lasciate sole e vanno sostenute con ogni mezzo possibile.

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