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"Il commercialista" broker dei traffici di droga con la Colombia

Importante operazione, questa mattina, da parte della Polizia di Stato. Tra Mazara del Vallo, Bologna e Imola, gli uomini del Servizio Centrale Operativo, delle Squadre Mobili di Trapani, Palermo e Bologna, hanno eseguito sei perquisizioni disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nei confronti di altrettanti indagati del delitto di procurata inosservanza di pena, destinatari della misura cautelare dell’obbligo di dimora, per aver favorito la latitanza in Romania del pregiudicato mazarese Vito Bigione.
Bigione, soprannominato "il commercialista", venne catturato il 4 ottobre 2018 nella città romena di Oradea. Da allora gli investigatori hanno potuto ricostruire la rete di fiancheggiatori di cui si era avvalso per sottrarsi ad una condanna di oltre 15 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. Le indagini, sia di tipo tradizionale che di natura tecnica, hanno permesso di identificare un gruppo di persone, tra cui alcune del tutto insospettabili, che, in vari modi e con ruoli diversificati, avevano dato alloggio, favorito la fuga all’estero e fornito assistenza, economica e non, al latitante.
Secondo gli inquirenti l'ex latitante era un broker professionista nell'organizzazione dei traffici di droga con la Colombia. Su di lui pendeva la pesante condanna inflitta dalla Corte d'Appello di Reggio Calabria, aveva fatto perdere le sue tracce al momento dell'esecuzione del provvedimento, nel luglio 2018. Un curriculum criminale, quello del pregiudicato mazarese, caratterizzato già da diverse condanne per narcotraffico internazionale risalenti già agli anni '90, che lo avevano portato già in precedenza alla latitanza in Namibia, dove aveva riorganizzato fiorenti traffici illeciti di sostanze stupefacenti utilizzando pescherecci d'altura.
La sua stretta vicinanza alla potente famiglia mafiosa degli Agate di Mazara del Vallo, concretizzatasi nella partecipazione ad ingenti importazioni di droga dal Sudamerica, cui avevano preso parte anche esponenti delle cosche della 'Ndrangheta di Platì, lo avevano portato anche ad essere inizialmente sottoposto ad indagini per il delitto di associazione mafiosa presso il Tribunale di Locri.
Erano anche state documentate frequentazioni con personaggi di spicco di Cosa Nostra, considerati vicini al latitante Matteo Messina Denaro, risalenti anche periodi coevi alla sua latitanza. Tutti elementi che ne hanno testimoniato l'evidente contiguità agli ambienti mafiosi mazzaresi.
Lo spessore criminale di Bigione è stato d'altra parte dimostrato, come si è già accennato, dalla complessa rete relazionale che ne aveva sostenuto la latitanza, in cui figuravano anche un'infermiera professionale bolognese, che aveva avuto in cura il condannato e una donna romena, anch'ella residente in Emilia, che si occupava degli aspetti organizzativi destinati l'alloggio e la permanenza del latitante nella città di Oradea, avvalendosi di una connazionale che fungeva da "governante" del fuggitivo. Ruolo centrale era svolto proprio dalla paramedica, che in diretto contatto con gli indagati di origine mazarese, anch'essi vicini ad esponenti del rispettivo mandamento mafioso, manteneva rapporti diretti con il latitante, utilizzando schede telefoniche intestate a cittadini stranieri. Le indagini hanno dimostrato che queste persone si erano occupate di garantire sicuri canali di trasferimento del denaro diretto al Bigione in Romania.
Alcuni movimenti di denaro verso Bigione erano stati poi effettuati anche dalla sua governante, che aveva organizzato il trasporto di una valigia e di un borsone, che sarebbe risultato determinante per la cattura del latitante. In effetti, gli investigatori dopo aver documentato attraverso servizi di appostamento e l'utilizzo di telecamere, i vari passaggi di mano degli effetti personali diretti al condannato, avevano effettuato un pedinamento elettronico di un furgone diretto in Romania, risalendo poi allo stabile che ospitava il latitante nella città di Oradea. Al termine di un articolato servizio di osservazione eseguito dagli uomini della Polizia italiana e di quella romena, in collaborazione con Interpol, Bigione era stato catturato e in suo possesso erano stati trovati un documento d'identità falso oltre a varie schede telefoniche. I gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati sono stati ampiamente riconosciuti dal Gip di Palermo, che ha ritenuto sussistenti anche le esigenze cautelari prospettate dalla Procura Distrettuale, disponendo gli obblighi di dimora nei confronti di tutti i favoreggiatori, oggi notificati, nel corso delle perquisizioni.

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