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Fatta luce sulla faida di Favara e Liegi
di AMDuemila
Sette persone ritenute responsabili, a vario titolo, del duplice tentato omicidio di Maurizio Distefano e Carmelo Nicotra, porto abusivo di armi, danneggiamento, ricettazione, tutti reati commessi il 23 maggio 2017 a Favara (Agrigento), sono state arrestate dalla Polizia di Stato e dalla Police judiciaire fédérale belga. L'inchiesta in questi anni è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo (con il coordinamento del procuratore aggiunto Paolo Guido, dai sostituti Geri Ferrara, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo) e dalla Procura di Liegi, con l'ausilio delle agenzie Eurojust ed Europol. Così si è fatto luce sulla faida per la gestione del traffico di droga che dal 2015 al 2018 ha insanguinato le strade di Favara e Liegi con cinque omicidi e cinque tentati omicidi, alcuni dei quali mai denunciati. Così è emersa la rottura di un’alleanza che vedeva insieme alcuni giovani criminali a disposizione di Cosa nostra agrigentina.
Sono state eseguite anche quasi venti perquisizioni, con l'impiego di oltre 80 tra poliziotti italiani e belgi, personale del reparto Prevenzione crimine e del reparto Volo di Palermo, unità cinofile di Catania e Palermo. Sequestrate delle armi.
L'operazione denominata 'Mosaico' ha permesso la cattura in Belgio di tre persone, in esecuzione di altrettanti mandati di arresto europei. "Per tali catture si è avuta la collaborazione delle Procure di Liegi, Bilzen e La Louviere", spiegano gli investigatori. Quattro persone, invece, sono state catturate a Favara.
Gli organi inquirenti del Servizio centrale operativo della Squadra mobile di Agrigento e della Squadra mobile di Palermo (per il Belgio dalla Police fédérale judiciare di Liegi), hanno messo in fila i tasselli ricostruendo i contesti dei delitti anche grazie ad intercettazioni, pedinamenti e le dichiarazioni dell'ex boss di Favara Giuseppe Quaranta. E' emerso che anche Cosa nostra aveva avviato un'indagine per capire cosa stesse accadendo. Il Gip Guglielmo Nicastro, nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, ha fatto propria la tesi degli inquirenti, "evidenziando la qualificata probabilità di colpevolezza nei confronti dei destinatari delle misure ed ha sposato la sussistenza dell'uso del metodo mafioso".

Foto © Imagoeconomica

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