di AMDuemila
A dirlo il pentito Palio al processo d'Appello contro l'ex governatore della Regione Sicilia imputato per concorso esterno
Sentito anche l’imprenditore Incarbone
Al nuovo processo d’Appello contro l’ex presidente della Regione Sicilia e leader di Mpa, Raffaele Lombardo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e di corruzione elettorale, sono stati ascoltati il collaboratore di giustizia Alfredo Palio e l’imprenditore Mariano Incarbone. Il collaboratore, ascoltato dai pm Sabrina Gambino e Agata Santonocito, ha riferito di avere saputo da Pino Rindone che la famiglia di Cosa nostra Santapaola-La Rocca avrebbe cercato voti per l’ex presidente Lombardo. Poi l’imprenditore, sollecitato dagli avvocati Maria Licata e Vincenzo Maiello, ha sostenuto di non avere avuto rapporti particolari con Lombardo e nessun contatto di lavoro. Sul punto l'ex Governatore siciliano ha mandato una nota all'agenzia Ansa: "Il collaboratore di giustizia Alfredo Palio ha affermato di non avermi mai conosciuto. Ha parlato di una presunta richiesta di Aldo La Rocca perché mi votasse in una campagna elettorale svoltasi tra il 1997 e 1998, ma non oltre poiché La Rocca nel 1999 fu arrestato".
Nel corso dell’udienza di ieri è stato ricostruito anche l'interrogatorio investigativo, autorizzato dal ministero della Giustizia, a Incarbone, che era stato condannato a cinque anni di reclusione, con sentenza passata in giudicato. Episodio già emerso nel processo al fratello di Raffaele Lombardo, Angelo. "L'ingegnere - ha osservato ancora nella nota l'ex governatore - ha ricevuto in carcere la visita di investigatori in abiti civili che gli hanno chiesto, in cambio di benefici detentivi, di rivelare quanto a sua conoscenza su di me e sul mio cosiddetto 'cerchio magico'. Offerta respinta perché nulla avrebbe potuto rivelare poiché di nulla era a conoscenza".
Il nuovo processo d’Appello è nato dalla decisione della Suprema Corte di Cassazione, nel 2018, di annullare con rinvio la sentenza del procedimento di secondo grado con cui i giudici, nel marzo 2017, avevano assolto l’ex governatore dall’accusa di concorso esterno e condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso. La sentenza di secondo grado aveva riformato quella emessa, in abbreviato, dal Gup Mariana Rizza, il 19 febbraio 2014, che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno.
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