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di AMDuemila
L’agente della scorta di Falcone intervistato a Radio2. “Dopo la strage mi hanno abbandonato

Cosa pensava dello Stato il giudice Falcone? Rispondo semplicemente dicendo che lui non chiamava le istituzioni per comunicare i suoi movimenti ma chiamava me direttamente a casa. Ero io che poi allertavo la scorta. Prima che si arrivi alla verità sulla strage di Capaci temo passeranno almeno altri cinquant'anni. Mi hanno emarginato e isolato per 23 anni, probabilmente perché non rivelassi alcune cose importanti”. Hanno una nota di amarezza le parole di Giuseppe Costanza, uomo della scorta e autista del giudice Giovanni Falcone assassinato da Cosa nostra il 23 maggio 1992, rilasciate ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format "I Lunatici”. Costanza ha parlato del magistrato con il quale dal 1984 al 1992 ha condiviso un profondo legame di stima e fiducia che andava ben oltre il rapporto istituzionale che ricopriva. “Io stavo con Falcone perché lui aveva tanta fiducia nei miei confronti. Sapevamo benissimo che prima o poi sarebbe arrivato il momento. Quando si trasferiva da un ufficio all'altro mi chiedeva se io lo volevo seguire. Accadde nel 1989 e successivamente quando dalla Procura andando a Roma per rimanere al suo fianco mi ha fatto trasferire in Corte d'Appello. Rischiavo, lo sapevo, ma non ce l'ho fatta a mollarlo”. L’autista di Falcone ha poi ripescato quel giorno in cui perse oltre il giudice e sua moglie Francesca Morvillo, i suoi colleghi della scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonino Montinaro. “Ricordo lo sguardo dei due, di Falcone e la moglie Francesca Morvillo, che si incrociano nello sguardo, con lei che annuisce. Falcone in quel momento spense la macchina e tolse le chiavi, io lo redarguii dicendogli che così ci saremmo ammazzati, lui ha guardato la moglie, lei ha sorriso e lui mi ha chiesto scusa. Ma con quel gesto mi ha salvato la vita, perché la macchina rallentò quel tanto che bastò per non prendere l'esplosione in pieno. Falcone mi ha salvato la vita" ha raccontato. Da quel giorno la vita di Costanza è drasticamente cambiata, complice l’omertà e l’indifferenza delle istituzioni che non lo hanno assistito o per lo meno ascoltato come dovuto dopo una tragedia simile. Così come sono stati lasciati a loro stessi gli altri agenti miracolosamente sopravvissuti ai 400kg di tritolo esplosi a Capaci, Gaspare Cervello, Angelo Corbo e Paolo Capuzza. "Negli anni mi hanno fatto sentire in colpa di essere sopravvissuto. - ha spiegato Costanza - Perché ritenevano che se io fossi stato seduto alla guida e non dietro lui si sarebbe salvato e non io. Ma non è così. Se avessi guidato io saremmo arrivati a prendere l'esplosione in pieno, perché non avremmo rallentato. Ci sono stati 23 anni di silenzio nei miei confronti, una cosa vergognosa. Attorno a me - ha rammentato Costanza - si è creato il silenzio mentre persone che con le stragi non c'entravano niente hanno fatto passerella e si sono messi in mostra. Sono stato abbandonato. - ha concluso - Mi hanno condannato all'oblio forse perché non faccio parte della casta. Io per loro sono solo un autista".

Foto originale © Imagoeconomica

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