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“Maredolce 2”. E’ questo il nome dell’operazione che la Polizia di Stato sta eseguendo dalle prime luci dell’alba nei confronti di oltre 20 persone che dovranno rispondere a diverso titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, incendio, trasferimento fraudolento di valori aggravato, autoriciclaggio, detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio e contrabbando di Tabacchi Lavorati Esteri. Le indagini, condotte dalla Squadra mobile e coordinate dalla Dda di Palermo, hanno disarticolato una delle artioclazioni territoriali 'chiave' nell’economia di cosa nostra palermitana: il mandamento mafioso di Brancaccio e, in particolare, la famiglia di corso dei Mille. Gli investigatori hanno radiografato l’economia 'diversificata' di un sodalizio criminale, già profondamente colpito, nel luglio del 2017, dall’operazione 'Maredolce', capace di intessere rapporti stabili con autorevoli esponenti di altri mandamenti di cosa nostra palermitana e di incidere e condizionare profondamente il tessuto economico, tanto legale quanto illecito, di quella porzione di territorio. La droga, il business delle slot machine, il controllo di alcune case di riposo, le immancabili estorsioni sono soltanto alcuni degli interessi perseguiti dagli affiliati e documentati dalle indagini dei poliziotti. L’organizzazione esercitava un capillare e rigoroso controllo del territorio anche nei confronti della microcriminalità predatoria, assoggettata all’autorità mafiosa. Inoltre, nel corso dell’operazione sono stati sequestrati all’organizzazione beni per un valore approssimativo di un milione di euro.
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La riorganizzazione dopo il blitz
La famiglia mafiosa di Corso dei mille, colpita, nel luglio del 2017, dall'operazione Maredolce, è stata riorganizzata da Luigi Scimò e Salvatore Testa, finiti in carcere oggi nell'ambito del blitz antimafia. Gli investigatori su Scimò e Testa avevano concentrato le loro attenzioni immediatamente dopo l'arresto di Pietro Tagliavia, reggente del mandamento fino al 2015. "La loro leadership, emersa sin dalle prime acquisizioni tecniche - hanno spiegato gli inquirenti -, ha trovato puntuale riscontro nella capacità di mantenere stabili rapporti con autorevoli esponenti di Cosa nostra palermitana e non solo", come Pietro Salsiera e Sergio Napolitano, ai vertici della famiglia di Resuttana, Giovanni Sirchia, uomo d'onore di Passo di Rigano, Filippo Bisconti, al tempo capo della famiglia di Belmonte Mezzagno e oggi collaboratore di giustizia, e Leo Sutera, rappresentante della provincia di Agrigento, attualmente detenuto.
Secondo le indagini Scimò e Testa avevano organizzato un folto gruppo attraverso il quale erano in grado di condizionare profondamente il tessuto economico, tanto legale quanto illecito, di quella porzione di territorio. E ognuno aveva un compito. A occuparsi delle estorsioni ai danni dei commercianti erano Salvatore Giordano e Giuseppe Di Fatta, finiti entrambi in carcere. Il contrabbando di sigarette, invece, era coordinato da Girolamo Castiglione, anche lui arrestato nel blitz di oggi, mentre il settore dei video poker era gestito tramite i fidati Giovanni De Simone e Aldo Militello. Mentre le case di riposo sarebbero state intestate a prestanome ma in realtà controllate dallo stesso Scimò, tramite Anna Gumina e Pietro Di Marzo, genero dello stesso Scimò, a cui fu affidata anche la trattativa per l'acquisto di una partita di stupefacenti presso un esponente della famiglia Barbaro di Platì.
"La trattativa era finalizzata a stabilire un canale di rifornimento diretto tra Calabria e Sicilia - hanno detto gli investigatori - che garantisse l'approvvigionamento di cocaina per le piazze di spaccio attive sul territorio di Brancaccio e controllate dalla famiglia mafiosa”.
Il capo della squadra mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti, ha spiegato il meccanismo delle estorsioni che “è leggermente cambiato”. “Non abbiamo registrato episodi particolarmente cruenti, ma prevalentemente richieste a soggetti su cui i mafiosi sanno di poter contare per una risposta positiva. - ha proseguito - I boss hanno qualche difficoltà ed è per questo che assistiamo a un attivismo delle organizzazioni mafiose su tutto quello che può essere business nel loro territorio”.
Secondo Ruperti, tra gli affari dei boss “c'è il traffico di droga, che adesso svolgono anche in maniera diretta, e quello antico delle sigarette di contrabbando con numerosi sequestri in tal senso effettuati durante le indagini. C'è poi il business delle macchinette dei video poker che con ditte compiacenti vengono inserite sul mercato e, addirittura, le locazioni di case di riposo per anziani”.
Alla conferenza stampa di presentazione dell’organizzazione ha preso parte il Questore di Palermo, Renato Cortese che ha parlato dell’impegno delle forze dell’ordine nel contrasto alla criminalità organizzata. “Noi e le altre forze di polizia facciamo continuamente operazioni. Venti, trenta arresti e, attraverso il susseguirsi di questi blitz, scopriamo che sullo stesso territorio gli arrestati vengono subito rimpiazzati - ha detto - Il lavoro incessante di magistratura e forze dell'ordine deve continuare, ma per liberare un territorio definitivamente dalla pressione mafiosa bisognerebbe creare delle alternative a quel territorio". Per il Questore la forza della mafia è stata “la sua capacità di dare ai cittadini delle risposte che probabilmente altri avrebbero dovuto fornire”. E quindi “l’assenza di quelle risposte ha creato il consenso sociale nei confronti dei boss, che "dopo 20 anni di attività di repressione magistratura e forze dell'ordine hanno interrotto. Oggi quel consenso incondizionato non c'è più - avverte Cortese - ma per fare in modo che Cosa nostra non torni ad averlo altre articolazioni dello Stato devono dare quelle risposte che i cittadini chiedono: lavoro, opportunità di sviluppo, sburocratizzazione. Io mi auguro che un po' tutto lo Stato, dal Comune alla Regione, dai cittadini alla politica, sia più presente sui territori per dare ai cittadini delle risposte”. Poi nel concludere, Cortese ha lanciato un appello a fare “tutti il proprio dovere, a fare un po' di più rispetto ai nostri doveri istituzionali. Noi quest'anno abbiamo voluto celebrare la festa della Polizia a Brancaccio, un segno di attenzione, di vicinanza a quel territorio. Questo tipo di attenzione andrebbe sollecitata da parte di tutti”.