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di Rino Giacalone
L'ex sottosegretario imputato di concorso esterno in associazione mafiosa

Il processo di appello dove è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa l'ex sottosegretario al ministero dell'Interno, il senatore trapanese Tonino D'Alì, dopo l'annullamento da parte della Cassazione della precedente sentenza di prescrizione e assoluzione, di fatto ha ripreso il via lo scorso 26 marzo, ed è continuato ancora ieri per proseguire il prossimo 13 maggio. Si celebra, col rito abbreviato, davanti alla Terza sezione, presidente Napoli, a latere Anfuso e Scaduti. Il sostituto procuratore generale Nico Gozzo nell'udienza del 26 marzo ha chiamato a testimoniare l'ex funzionario del Demanio Francesco Nasca e il collaboratore di giustizia, l'imprenditore trapanese Nino Birrittella. E sono proprio le dichiarazioni di Birrittella, che verrà ancora sentito nella prossima udienza del 13 maggio, a risultare dirompenti, squarciando in che modo Cosa nostra trapanese, attraverso la politica, e segnatamente più volte è stato ripetuto il nome del senatore D'Alì, controllava la vita delle istituzioni, riuscendo a muoversi per far trasferire da Trapani il prefetto dell'epoca, Fulvio Sodano, che, come ha sottolineato Birrittella, era visto come un vero e proprio nemico. Come avversario era anche per la mafia trapanese l'allora capo della Squadra Mobile, l'odierno direttore del Servizio Centrale Anticrimine, Giuseppe Linares, che la mafia voleva "mascariare" o anche addirittura, ha ancora detto Birrittella, voleva eliminare fisicamente, all'omicidio di Linares ad un certo punto avrebbe pensato il capo mafia Francesco Pace. Sodano un nemico, "ci creava delle turbative - ha detto Birrittella - perché faceva riunioni con l’Associazione Industriale, con gli imprenditori dicendo che si dovevano rivolgere alla Calcestruzzi Ericina per prendere il cemento e non da altri. Noi allora sponsorizzavamo la Mannina Vito e la Sicil Calcestruzzi di Occhipinti... il mercato del cemento era notoriamente nelle mani della mafia". Sodano difendeva un'azienda, la Calcestruzzi Ericina, perché confiscata, e che era oggetto di attacco da parte della mafia, come ha confermato Birrittella, ma per la mafia, e il comune sentire trapanese, una società quella trapanese fertile ai suggerimenti che arrivavano da Cosa nostra, era l'azione del prefetto Sodano, e non quella di Cosa nostra come invece era, "ad alterare il libero mercato...questa era un’espressione felice di Ciccio Pace", il padrino della mafia a Trapani. La deposizione di Birrittella è stata ricca di particolari: "Con Pace così ci siamo inventati la possibilità di sottrarre la Calcestruzzi Ericina allo Stato, cercando di acquisirla. Pace mi disse che se ne sarebbe occupato lui, così come mi disse che si sarebbe occupato di fare trasferire il prefetto Sodano, ma puntava anche a fare allontanare da Trapani il dottore Linares e il magistrato Tarondo". L'avversione della mafia trapanese nei confronti del prefetto Sodano fu fatta giungere anche al senatore D'Alì, "non si poteva andare avanti in questo modo". Il padrino Ciccio Pace era deciso ad ottenere il trasferimento di Sodano, dopo qualche tempo "ci venne a dire che a momenti lo avrebbero trasferito". Cosa che avvenne nel 2003. "Non ci disse con chi aveva parlato ma dalla rappresentazione della figura con la quale aveva potuto parlare individuammo che si trattava del senatore D'Alì". Mafia e politica. Birrittella ha anche parlato delle campagne elettorali, del sostegno che la mafia non solo diede a D'Alì, "ma anche all'avv. Mimmo Fazio quando si candidò a sindaco, o ancora a Giuseppe Maurici quando questi si candidò alle regionali". Schierati con Forza Italia: "tentammo anche di far fare pace a D'Alì con l'allora deputato Nino Croce. Quest'ultimo era sostenuto anche dall'imprenditore Andrea Bulgarella e da suo cognato Peppe Poma, fu Poma a chiedermi di votare Croce". Birrittella ha anche parlato del sostegno dato all'on. Bartolo Pellegrino. "Con quest'ultimo stringemmo accordi per una speculazione edilizia". Tra i fatti elencati, Birrittella ha ricordato quando attraverso un funzionario della Prefettura di Trapani, Giuseppe Pastore, da Birrittella indicato come massone e vicino al senatore D'Alì, fu sbloccata una procedura di finanziamento a favore del Consorzio Trapani Turismo, del quale era presidente Peppe Poma e segretario proprio lo stesso Birrittella. "Ci trovammo a Roma per firmare l'accordo di programma ma ad un certo punto ci dissero al ministero che non si poteva andare avanti per problemi relativi alla certificazione antimafia. Chiamammo il senatore D'Alì perché intervenisse sulla prefettura di Trapani, dopo due ore arrivò il documento col nulla osta, per quel che ho saputo questo arrivò grazie al funzionario della prefettura Pastore". Nelle elezioni nazionali del 1994, quando Tonino D'Alì si candidò per la prima volta al Senato, con Forza Italia, "fu Francesco Virga (figlio del capo mafia Vincenzo ndr) a dare ordini di votare per D'Alì, lui, D'Alì, era il presidente della Banca Sicula, ed era disponibile". All'epoca preposto di una agenzia della Banca Sicula era Salvatore Messina Denaro, figlio del padrino di Castelvetrano, don Ciccio, e fratello dell'attuale latitante Matteo. I Messina Denaro erano i "campieri" nei terreni di Castelvetrano della famiglia D'Alì. Nel corso delle sue deposizioni, Birrittella ha anche parlato di due imprenditori trapanesi, Ciccio Genna, "dominus della famiglia mafiosa di Trapani" e Ciccio Morici, imprenditore sostenuto da Cosa nostra e che era inserito nel meccanismo della corruzione politica a Trapani. Il racconto di Birrittella davanti ai giudici della Corte di Appello di Palermo è certamente riferito ai primi anni del 2000, ma è un racconto che in certi momenti è sembrato anche sfociare nell'attualità, quando ha parlato di progetti della mafia di "mascariare" i suoi avversari, ci è sembrato vedere ciò che ancora oggi accade a esponenti di magistratura e forze dell'ordine, o anche a esponenti a vario titolo della società civile. Anche nei confronti, perchè no, di giornalisti non avvezzi alle sirene ammalianti di Cosa nostra che a Trapani non è meno potente di prima, perchè oramai è sostenuta dalla cosidetta area grigia, quella delle professioni, dei colletti bianchi e della massoneria, come provano alcune recenti indagini condotte dalle Procure di Trapani e Palermo e dai Carabinieri. Ma il seguito alla prossima puntata del processo.

Tratto da: alqamah.it

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