di AMDuemila
Maggiani Chelli: "In Italia sistema mafioso che non ha dato giustizia ai nostri figli uccisi da Cosa nostra"
Marcello Dell’Utri potrà dire addio al carcere. A stabilirlo il Tribunale di Sorveglianza di Milano che ha concesso all’ex senatore di Forza Italia la possibilità di terminare la pena, 11 mesi, a casa sua in zona Milano 2. Dell'Utri, che sta scontando una pena a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, soffre di una grave cardiopatia ed è affetto da un tumore, dopo alcune visite mediche svolte nel carcere di Roma dove era detenuto, ha ottenuto i domiciliari lo scorso 28 settembre per i gravi problemi di salute che lo interessano. La decisione dei giudici meneghini è giunta a ridosso della scadenza dei termini concessi per i domiciliari, facendo proprio il verdetto dei colleghi di Roma.
"Si tratta di una decisione corretta e coerente, in linea con quanto aveva già stabilito il Tribunale di Sorveglianza di Roma", afferma all'Adnkronos l’avvocato Alessandro De Federicis, che con la collega Simona Filippi difende Dell’Utri. "L'ex senatore ha un tumore e 10 stent, un quadro clinico seriamente compromesso dalla cardiopatia, la sua salute non può più essere gestita all'interno di un penitenziario. E comunque - sottolinea l'avvocato De Federicis - il carcere se l'è fatto, su 7 anni ne ha passati dentro 4 e mezzo".
"L'esperienza del carcere lo ha segnato, ad ogni modo lui ha accolto con molta soddisfazione la decisione dei giudici milanesi", continua la collega Simona Filippi. "I giudici di Milano hanno preso atto di quello che con fatica noi abbiamo sempre sostenuto - sottolinea Filippi - un uomo anziano e in quelle condizioni di salute, a prescindere di come si chiami, non può stare in carcere".
La notizia dei domiciliari confermati a Dell'Utri fino alla fine della pena è stata accolta così da Giovanna Maggiani Chelli, Presidente Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili: "'Una persona malata e anziana non può stare in carcere'. La legge impone le sue regole e nessuno può contravvenire alle disposizioni vigenti. Una cosa però è sicura. In Italia la certezza della pena non esiste. L’unica cosa certa è la morte dei nostri figli per mano di 'cosa nostra' e il perdurare di un sistema mafioso che non ha dato e non darà mai loro giustizia completa".
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