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patti carmelo c imagoeconomicadi AMDuemila
Impero ex patron Valtur ammonterebbe a un miliardo e mezzo di euro

La direzione investigativa antimafia di Palermo ha eseguito questa mattina un decreto di sequestro e confisca, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Trapani presieduta da Piero Grillo su proposta del direttore nazionale della Dia nei confronti degli eredi dell'imprenditore Carmelo Patti, originario di Castelvetrano (TP) ex proprietario della Valtur (ora in amministrazione straordinaria), deceduto il 25 gennaio 2016. Il procedimento - che la Dia definisce 'uno dei più rilevanti nella storia giudiziaria italiana' - ha riguardato un patrimonio stimato, per ora, prudenzialmente in oltre un miliardo e mezzo di euro e ha disvelato interessi economici riferibili alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, guidata dal latitante Matteo Messina Denaro.
Il sequestrato riguarda tre resort al momento chiusi (Punta Fanfalo, Favignana; Isola Capo Rizzuto, Crotone; Kamarina, Ragusa), il Golf club Castelgandolfo, una imbarcazione in legno di 21 metri, la “Valtur Bahia”. E poi ancora 400 ettari di terreni, 232 immobili e 25 società che operano anche nel settore del cablaggio di componenti elettrici per autovetture. Carmelo Patti, morto a 81 anni, 3 figli, era cavaliere del lavoro e prima dei guai giudiziari, soprattutto con accuse di rapporti con la mafia, era uno stimato e ricchissimo industriale. Cominciò la sua scalata nell'imprenditoria da venditore ambulante. A 26 anni si trasferì con la moglie e le due prime figlie, Maria Concetta e Paola, da Castelvetrano (Tp) al Nord (il terzo Gianni nascerà dopo) lavorando come operaio alla Philco di Robbio (Pavia). Poi si mise in proprio cominciando a fabbricare cavi elettrici. Nacque la "Cablelettra" poi trasferita nell'ex stabilimento Philco, acquistato negli anni Settanta. Patti vendeva cablaggi elettrici e componenti elettronici per auto soprattutto alla Fiat. La "Cablelettra" divenne una multinazionale con diverse sedi in Italia e nel mondo. Nel '97 ormai ricco acquistò la Valtur entrando così anche nel settore del turismo. Il gruppo dei villaggi vacanze divenne uno dei primi in Italia.
Le indagini sono state coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dal sostituto procuratore della Dda Pierangelo Padova, in collaborazione con il pm di Trapani Andrea Tarondo. Il cavaliere nel 2000 venne indagato per mafia dalla dda palermitana, dopo la trasmissione degli atti dalla procura di Marsala che lo indagava per falso in bilancio: il cavaliere del lavoro si dimise per questo dalla Gesap, la società che gestisce l'aeroporto palermitano dov'era stato indicato dall'allora sindaco Leoluca Orlando. Cominciò parallelamente un processo di misure di prevenzione per un sequestro di 5 miliardi di euro: Patti veniva accusato di rapporti con i boss di Castelvetrano Messina Denaro, il padre Francesco e il figlio Matteo. Il sequestro poi portò all'amministrazione giudiziaria e alla crisi della Valtur, al fallimento e alla vendita del marchio. Patti subì numerosi processi per evasione fiscale, fatture false e altri reati tributari da cui venne assolto. Tra i suoi accusatori vi è l'ex mafioso diventato collaboratore Angelo Siino.

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Maria Concetta e Paola Patti


Questi ha detto agli inquirenti che “Patti era persona legata alla mafia trapanese, ed era anche massone”. Il pentito oltre ad aver detto di avere assistito ad un incontro fra il cavaliere Patti e "Mastro Ciccio", Francesco Messina Denaro, il padre del superlatitante trapanese, sui contatti tra i due ha anche aggiunto che "Provenzano ci scherzava su, dicendogli che lui non aveva problemi a passare le vacanze alla Valtur”. Nell'entourage di Patti si diceva che Siino lo accusava per contrasti che lui aveva avuto con Nina Bertolino, proprietaria della distilleria di Partinico e cognata del pentito. "Fra coloro che godevano della piena fiducia dell'imprenditore - dicono gli investigatori - vi era sicuramente Michele Alagna, 56 anni, fratello di Franca Anna Maria, 57 anni, madre di una ragazza di nome Lorenza, figlia (come risulta da atti giudiziari), anche se non riconosciuta, del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. Alagna ha ricoperto importanti cariche sociali nelle imprese del gruppo, diventando sindaco - effettivo o supplente - presidente del collegio sindacale o amministratore di molte società della catena aziendale. Egli aveva, inoltre, delega ad operare su una molteplicità di conti correnti, movimentando somme di rilievo in entrata e in uscita; custodiva gioielli ed oggetti preziosi di proprietà della famiglia Patti conservati in cassette di sicurezza; curava ogni procedura economica d'interesse per le aziende: era, insomma, un vero e proprio alter ego di Carmelo Patti a Castelvetrano, in nome e per conto del quale era autorizzato a mantenere rapporti con terzi". Gli investigatori dicono che dagli accertamenti sono emersi "anche collegamenti e rapporti intrattenuti da Patti con Paolo Forte, organico alla famiglia mafiosa diretta da Messina Denaro e con Rosario Cascio, indiziato mafioso, il cui patrimonio è stato confiscato".
Oltre alle dichiarazioni di Siino si aggiungono anche quelle dei pentiti Giovanni Ingrasciotta ed Antonino Giuffrè. Inoltre, dice la Dia, gli accertamenti bancari hanno evidenziato una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati dall'imprenditore. Durante la conferenza stampa di commento all'operazione il direttore della Dia, Giuseppe Governale, ha commentato: "Un muratore di 26 anni di Castelvetrano che lascia la città attorno al 1956 e nel 1961 dirà io e mio padre non avevamo i soldi per comprare il mangiare e il mobilio pignorato. Come è possibile che un muratore diventi il padrone di un patrimonio che supera 5 miliardi di euro? Oggi abbiamo confiscato beni per oltre un miliardo e mezzo di euro e siamo in presenza di un provvedimento definitivo. Carmelo Patti come Lucky Luciano finisce sotto i riflettori della Dia per l'evasione fiscale''. ''Abbiamo evidenziato - ha aggiunto - un legame tra l'evasione fiscale ben strutturata tra azienda madri e polverizzate nel territorio nella provincia di Trapani e soprattutto a Castelvetrano. Un sistema di evasione fiscale per decine e decine di milioni di euro. Un sistema che ha consentito alla criminalità mafiosa di quell'area di nutrire e farsi nutrire". "Carmelo Patti e il suo commercialista Michele Alagna, inizialmente insegnante, si sono conosciuti un giorno dal barbiere negli anni '70. Patti è stato affascinato dalla figura di Alagna - ha ancora detto Governale - Da quel giorno Michele Alagna diventerà il commercialista con un solo cliente. Il commercialista ha una sorella Franca Alagna che ha dato alla luce il figlio di Matteo Messina Denaro. Questo nel territorio di Castelvetrano non può succedere per caso. Carmelo Patti è stato un imprenditore capace. A metà del suo percorso ha messo in atto una serie di attività che hanno attirato l'attenzione di Cosa Nostra che lo ha avvicinato e il commercialista è diventato un collegamento importante". "Quando lo Stato ha affrontato le sfide con lo spirito del burocratese del disinteresse effettivo e sostanziale di facciata nella gestione dei beni confiscati, ha perso - ha aggiunto - Io penso che quelle pagine stanno alle spalle. Lo Stato è capace di costruire anticorpi di rigenerarsi magari lentamente e di colpire. Oggi siamo di fronte ad una sfida: il Parlamento è intervenuto recentemente rimodulando l'agenzia dei beni confiscati. Siamo davanti ad una sfida soprattutto per le migliaia di dipendenti che lavorano nelle aziende confiscate a Patti".

Foto © Imagoeconomica

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