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La Guardia di Finanza di Enna, coordinata dalla Dda di Caltanissetta, ha eseguito una vasta operazione di servizio in materia di mafia ed appalti. L’operazione Nebros II, sulla gestione mafiosa dei pascoli della zona nebroidea, vede indagate 15 persone che questa mattina sono state raggiunte da provvedimenti cautelari. Gli indagati sono accusati a vario titolo di turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa e abuso d’ufficio.
Nella vicenda, risalente al 2015, ci sarebbe infatti anche lo zampino di Cosa nostra, che mirava al controllo dei pascoli nella zona del Parco dei Nebrodi. Secondo i magistrati la circostanza riguarda l’irregolare assegnazione di 16 lotti destinati ai pascoli, che venivano dati in affidamento dall’azienda speciale Silvo Pastorale del Comune di Troina.
Per gli investigatori l’affidamento degli appalti, nonostante fosse stata indetta una regolare gara, era praticamente pilotata per favorire gli indagati. In questo sistema era coinvolto anche un funzionario pubblico, Antonio Consoli, 44 anni, catanese, presidente pro tempore della Silvo Pastorale per il quale è stato disposto l’obbligo di presentazione alla Guardia di Finanza. Secondo quanto affermato dai pm nisseni Consoli avrebbe fatto in modo di favorire gli arrestati, ma sarebbe stato anche intimidito. Per l’accusa ogni assegnatario (persone vicine alla mafia nella zona di Bronte, che mirava al controllo dei pascoli) sapeva già di quale lotto avrebbe usufruito e addirittura i vari interessati, nel proporre la loro offerta, aumentavano l’ammontare della somma di un euro. Il pm della Dda nissena, Pasquale Pacifico, ha illustrato nella conferenza stampa alcuni dettagli dell’inchiesta, insieme al procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone e alla pm Claudia Pasciuti. “Quando alcuni allevatori, fuori dalla cerchia degli arrestati, presentarono un'offerta per aggiudicarsi un lotto - ha spiegato Pacifico - si era scatenata una vera e propria insurrezione da parte degli altri partecipanti, tanto che dovettero intervenire i carabinieri di Troina per riportare l'ordine”.
Secondo gli inquirenti, gli allevatori avrebbero incassato in totale 3 milioni di euro di fondi della Comunità europea. In particolare, secondo l'accusa erano riusciti a far pilotare a loro favore le gare d'appalto per l'assegnazione di 16 lotti da pascolo nel Parco dei Nebrodi, grazie alla presunta vicinanza alla mafia. Sulla regolarità dei contributi ci sarebbero delle ombre e per questo è stato aperto un fascicolo d'indagine dalla Procura di Catania, in quanto la cosca mafiosa a cui sarebbero vicini gli allevatori arrestati è quella di Bronte.
Rispetto all’operazione ha rilasciato un commento anche Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, sfuggito ad un agguato nel maggio 2016: "L'operazione di oggi della Guardia di Finanza di Enna, è un ottimo segnale di prosecuzione nel ripristino della legalità sul fronte della lotta alla mafia dei terreni". "Tanti mafiosi da anni - ha continuato Antoci - lucravano milioni di euro di Fondi Europei per l'agricoltura, intimidendo agricoltori e allevatori per farsi cedere i terreni, e tutto ruotava, appunto, attorno alla violazione dei criteri oggi invece sanciti dal Protocollo di Legalità e dalla successiva legge nazionale. Sono tante le famiglie mafiose che hanno ottenuto in questi anni contributi europei nonostante molti dei loro esponenti si trovassero addirittura in carcere o fossero già condannati. È mancato il coraggio e il controllo nell'assegnazione e nell'erogazione dei fondi. Saranno tante, in Sicilia e nel Paese, le altre operazioni di servizio che, con l'applicazione del nuovo codice antimafia, che ha recepito in toto il Protocollo di Legalità, porteranno non solo al sequestro dei beni di tanti mafiosi, ma anche alla conseguente confisca. È iniziato ormai un processo di restituzione allo Stato di tutto ciò che le mafie anno lucrato in questi anni e, soprattutto, un processo di restituzione ad allevatori ed agricoltori onesti di una parte di dignità che in questi anni si sono visti strappare".
A finire in cella sono state sette persone: Sebastiano Foti Belligambi, di San Teodoro, 48 anni, Federica Pruiti, nata a Bronte, 40 anni, Giuseppe Foti Belligambi, nato a San Teodoro, 46 anni, Vita Cavallaro, nata a Bronte, 38 anni, Anna Maria Di Marco, nata a San Teodoro, 41 anni, Giovanni Foti Belligambi, nato a Bronte, 24 anni, Angioletta Triscari Giacucco, nata a Cesarò, 41 anni.
Arresti domiciliari invece per altri 7 indagati: Salvatore Armeli Iapichino, nato a Tortorici, 52 anni, Sebastiana Bevacqua, nata a Tortorici, 73 anni, Maria Cantali, nata a Catania, 59 anni, Giuseppe Lupica Infirri, nato a Tortorici, 64 anni, Santo Coma, nato a Bronte, 39 anni, Salvatore Lupica Infirri, nato a Sant'Agata di Militello, 38 anni, Silvestra Calderaro, nata a San Teodoro, 73 anni. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Antonio Consoli, nato a Catania, 44 anni.
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