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cutro presentazione libro 3ott2018Il testimone di Giustizia racconta la sua storia a Palermo
di Aaron Pettinari
"Noi cittadini, imprenditori, siamo lo Stato. Non possiamo arrenderci, non possiamo fermarci. E' necessario continuare a lottare ed i dati che vengono detti su quanti ancora pagano il pizzo non devono abbatterci. Io dico che questo è il momento di parlare con i commercianti e con gli imprenditori. Dobbiamo farlo noi stessi testimoni di giustizia. Magari ascoltando le nostre storie possono capire quanto è importante dire no a chi chiede il pizzo. Perché pagando il pizzo non fai solo un danno alla società e a te stesso, ma anche ai tuoi stessi figli. Quale eredità si lascia a loro? Pagando il pizzo si lascia anche questo fardello". Così il testimone di giustizia Ignazio Cutrò è intervenuto l'altro ieri presso la Biblioteca sociale "Nino e Ida" a Palermo. Accompagnato dalle domande di Roberto Greco, Cutrò ha raccontato la propria storia di imprenditore siciliano a Bivona (località in provincia Agrigento) che ha deciso di denunciare i propri estorsori. Un racconto che è stato messo nero su bianco nel libro scritto da Benny Calasanzio Borsellino, Abbiamo vinto noi. Storia di Ignazio Cutrò, l'imprenditore che ha detto no alla mafia uscito per Melampo editore.
La storia dell'imprenditore di Bivona non è stato facile ma per fortuna la famiglia lo ha sempre sostenuto tra sacrifici e battaglie, per restare in terra di Sicilia anziché andare in una località protetta. "Se ciò fosse accaduto avrebbero perso tutte le componenti dello Stato, non solo io. Sarebbe stata una vittoria per i mafiosi e lo Stato deve impedire cose di questo tipo. In questi anni sono state condotte tante battaglie per i testimoni di giustizia ma certamente non possiamo fermarci" ha aggiunto Cutrò. Poi ha anche commentato la propria scelta di rinunciare alla scorta. "Io viaggio a Bivona, a Palermo, nel resto d'Italia senza scorta perché voglio proteggere la mia famiglia. Non era possibile che a loro non fosse garantita la scorta di fronte a quelle intercettazioni in cui i mafiosi dicono che appena lo Stato avrebbe abbassato la guardia avrebbe subito colpito me. E questa scelta del Prefetto non era per me accettabile".
Il testimone di giustizia ha raccontato anche diversi episodi a cominciare da quel primo attentato del 10 ottobre 1999, quando gli fu bruciata una pala meccanica in contrada Canfutino a Bivona e Cutrò presentò la prima denuncia contro ignoti. Da quel momento fu un susseguirsi di minacce e intimidazioni, fino al 2006 quando Cutrò prese la decisione di diventare un testimone di giustizia, denunciando i suoi estorsori. Grazie alle sue testimonianze venne avviata l'operazione "Face off", nella quale vengono arrestati i fratelli Luigi, Marcello e Maurizio Panepinto e che porta nel gennaio 2011 ad un totale di 66 anni e mezzo di carcere.
“Non mi pento della scelta fatta - ha concluso - a me nessuno mi ha lasciato da solo in questo cammino. Le denunce sono fondamentali, senza se e senza ma per liberarci da questo male. Ed ognuno deve fare la sua parte”.

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