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canali olindoConclusa l'inchiesta dalla Procura di Reggio Calabria
di Aaron Pettinari
Corruzione in atti giudiziari per favorire Cosa nostra. E' questa la grave accusa nei confronti dell'ex pm di Barcellona Pozzo di Gotto (poi anche giudice a Milano), Olindo Canali. La Procura di Reggio Calabria (nella persone del Procuratore capo Giovanni Bombardieri e dell'aggiunto Gaetano Paci) ha concluso le indagini preliminari e, secondo quanto scritto oggi da La Gazzetta del Sud, ieri è stato notificato l'atto al magistrato e al suo accusatore, Carmelo D'Amico, oggi collaboratore di giustizia.
D'Amico, nel 2016, si è autoaccusato di aver pagato due magistrati per far aggiustare un suo processo in cui rischiava l'ergastolo. Dichiarazioni che furono trasmesse dalla Procura di Messina, che stava raccogliendo le dichiarazioni del pentito, a quella di Reggio Calabria, e fu aperto un fascicolo.
Secondo quanto riportato dal quotidiano dalle carte emergerebbe anche "il concorso nel reato come intermediario e il 'rapporto di assidua frequentazione' che Canali aveva con il medico Salvatore Rugolo, vecchio capomafia barcellonese, e cognato del boss Giuseppe Gullotti".
Secondo gli inquirenti reggini la prima ipotesi di corruzione in atti giudiziari, avvenuta tra il 1997 e il 14 aprile 2000, riguarderebbe le attività che Canali svolse in relazione al primo processo per il triplice omicidio Geraci-Raimondo-Martino del 4 settembre 1993. Accusati del delitto erano Carmelo D'Amico e Salvatore Micale e Canali si occupò del caso come "applicato" alla Procura di Messina.
Secondo l'aggiunto Paci, Canali "avrebbe accettato per sé la promessa e quindi ricevuto la somma di denaro di cento milioni di lire al fine di compiere atti contrari ai propri doveri d'ufficio nell'ambito del suddetto procedimento". Inoltre quella somma sarebbe stata "consegnata in due distinte occasioni".
Dunque, secondo quanto ricostruito dalla Procura reggina, il boss D'Amico, tramite Rugolo, avrebbe indotto la moglie di una delle vittime del triplice omicidio, che lo aveva riconosciuto tra i killer, a ritrattare al processo d'assise, nel 1998. E Canali non avrebbe proposto entro i termini di scadenza l'atto di appello contro la sentenza assolutoria di primo grado per D'Amico e Micale, depositando l'atto di impugnazione il 7 aprile pur apponendo la data di effettiva scadenza che era fissata per il 3 aprile 2000, per poi rinunziare all'impugnazione il 14 aprile 2000 per "errore di calcolo". Inoltre Canali avrebbe omesso di avvertire dei vari passaggi il titolare del procedimento di allora, l'ex sostituto della Dda di Messina Gianclaudio Mengo, ed il capo della Procura Luigi Croce.
Il secondo caso di corruzione in atti giudiziari individuato dai pm è quello che vi sarebbe stato tra il 2008 ed il 2009, in concorso con Rugolo, D'Amico ed il boss Gullotti. Nello specifico riguarda il processo "Mare Nostrum" dove lo stesso Canali testimoniò davanti alla Corte d'Assise d'Appello di Messina, e l'indagine per l'omicidio di Beppe Alfano. Secondo quanto scritto nel capo di imputazione Canali "avrebbe accettato per sé la promessa della consegna di denaro di trecentomila euro, della quale riceveva una prima parte di cinquantamila euro", sempre da D'Amico, per cercare di "ammorbidire" la posizione di Gullotti al processo, in particolare in riferimento a quella nota lettera "anonima" che Canali aveva scritto in cui si esprimevano forti dubbi sull'eventuale colpevolezza di Gullotti per la morte del giornalista e si arrivava addirittura a sostenere che occorreva "chiedere ed ottenere la revisione della sua condanna".
Canali era già stato condannato in primo grado per falsa testimonianza nel 2012 per poi essere assolto in appello e successivamente in Cassazione. Un capitolo tutt'altro che chiuso viste le nuove accuse della Procura di Reggio Calabria.

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