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terranova cesaredi Davide de Bari
25 settembre 1979, ore 8.30, il magistrato Cesare Terranova esce di casa per recarsi a lavoro alla Corte d’Appello di Palermo. Sotto casa lo aspetta l’agente di pubblica sicurezza, Lenin Mancuso. Il giudice si mette al volante dell’auto di scorta mentre Mancuso sale da passeggero. Poco dopo, la vettura viene affiancata da alcuni killer che, con armi di grosso calibro, aprono il fuoco contro l’auto del giudice. Terranova muore sul colpo mentre l’agente di scorta dopo poche ore in ospedale.

Un giudice dal pugno fermo
Cesare Terranova è un magistrato colto e informato sul fenomeno mafioso in Sicilia, in particolare sulla cosca dei Corleonesi. Il giudice istruttore di Palermo si occupa delle prime indagini di mafia sui fratelli La Barbera, la famiglia Rimi di Alcamo e personaggi del “sacco di Palermo”. Terranova segue la metamorfosi della mafia che in quegli anni sta cambiando da agricola a imprenditrice, grazie ai numerosi aiuti politici. Per questo il giudice mette per iscritto, nella sentenza sulla strage di viale Lazio, che la nuova mafia è impersonata da amministratori comunali.
Inoltre, Terranova avvia importanti processi contro Cosa Nostra e la cosca dei Corleonesi comandata dal boss Luciano Liggio. Nei processi di Catanzaro nel 1968 e in quello di Bari nel 1969, Luciano Liggio, Salvatore Riina e altri mafiosi vengono assolti per insufficienza di prove. Una grande sconfitta per il giudice palermitano che poi porta nuovamente a processo Liggio, il quale viene condannato in secondo grado all’ergastolo per avere ucciso il boss corleonese, Michele Navarra.
Terranova si trasferisce a Marsala dove svolge altre importanti indagini sulla mafia, ma in cuor suo sente che per continuare la lotta a Cosa nostra, la magistratura ha bisogno di strumenti legislativi più efficaci. Così nel 1972 viene eletto deputato e diventa membro della commissione antimafia dove pone a servizio la sua esperienza da magistrato antimafia a Palermo. Terminata la carriera parlamentare, il giudice torna nel capoluogo siciliano e il 10 luglio 1979 il Consiglio superiore della Magistratura lo nomina Consigliere di Corte d’Appello, ma Terranova fa subito domanda per dirigere l’Ufficio Istruzione di Palermo. Ha ben chiaro, dopo aver ampliato la propria conoscenza in materia di mafia con la parentesi parlamentare, come mettere i bastoni tra le ruote a Cosa nostra. Tutti danno per scontato che la scrivania all’Ufficio Istruzione è cosa fatta, ma Terranova non riesce ad arrivarci perché Cosa Nostra decide di eliminarlo prima. Il 25 settembre 1979 la mafia lo uccide, insieme al fidato agente di scorta.

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I colpevoli dell’omicidio
Al movente dell’omicidio del giudice Terranova e dell’agente di scorta si è giunti grazie alle prime dichiarazioni di collaboratori di giustizia come Tommaso Buscetta che, in un interrogatorio davanti a Giovanni Falcone, racconta che Liggio è il mandate dell’omicidio Terranova per vendicarsi dell’ergastolo che il giudice gli aveva inflitto nel 1975. Tesi confermata anche dal pentito Francesco Di Carlo, secondo cui il boss corleonese è il mandante e Leoluca Bagarella, Giuseppe Madonia, Giuseppe Gambino e Vincenzo Puccio gli esecutori. Dietro l’omicidio del giudice non si nasconde solo la vendetta di Liggio, ma anche un omicidio preventivo, da parte di Cosa Nostra, per stroncare sul nascere il lavoro che Terranova avrebbe potuto svolgere contro la mafia a Capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo.

Foto al centro © Letizia Battaglia

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