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gdf cappello c imagoeconomicaPer 23 persone scattato un sequestro di beni da un milione di euro
di AMDuemila
Beni per oltre un milione di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza a Palermo a carico di 23 persone ritenute responsabili a vario titolo di riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. I militari del Nucleo speciale di Polizia valutaria hanno dato esecuzione a un’ordinanza emessa dal gip di Palermo, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. Il fulcro delle indagini è costituito dalle attività illecite riferibili a Francesco Graziano, esponente dell’omonima famiglia mafiosa palermitana (figlio di Vincenzo, attualmente sottoposto al regime del carcere duro per aver ricoperto il ruolo di capo della famiglia dell’Acquasanta e ‘reggente’ del mandamento di Resuttana), già raggiunto da diverse sentenze di condanna, per le quali si trova tuttora detenuto.
Gli investigatori sono riusciti a far luce sulla “rete di connivenze” attraverso cui sono state realizzate numerose operazioni di riciclaggio per consentire a Graziano di rientrare in possesso di somme di denaro derivanti da attività economiche e dalla cessione di beni immobili intestati a prestanome. “Tali somme sono state investite in Romania - spiegano gli investigatori della Guardia di Finanza - attraverso la costituzione di una società di diritto locale, il cui rappresentante legale è un dipendente del Comune di Palermo, che si prestava a fare da intermediario tra l’esponente della famiglia mafiosa e gli altri soggetti coinvolti nelle operazioni di riciclaggio”.
Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, dai sostituti Annamaria Picozzi, Amelia Luise e Roberto Tartaglia hanno dunque fatto scattare i sigilli per società e immobili dopo che nei mesi scorsi erano già stato confiscati altri 30 milioni.
In particolare è emerso che la famiglia Graziano, attraverso un imprenditore complice, pagava delle finte consulenze ad alcune società rumene impegnate nel settore dell’edilizia. I soldi provenivano da una società formalmente rappresentata dall'avvocato Marcello Marcatajo, oggi deceduto, che avrebbe consentito a Graziano di evitare il sequestro patrimoniale. Le indagini hanno fatto luce pure sulla vendita di un immobile, anch'esso intestato a un prestanome. I soldi sarebbe tornati nella disponibilità di Graziano alla connivenza di imprenditore siciliano che, attraverso la stipula di contratti per compravendite fittizie, avrebbe fatto pervenire i soldi alla famiglia mafiosa.

Foto © Imagoeconomica

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