di Francesca Mondin
La decisione di abbassare il livello di protezione al testimone di giustizia Ignazio Cutrò e di togliere la tutela alla famiglia “va rivista”, ha detto Giuseppe Lumia (in foto) esprimendo la sua solidarietà all’imprenditore di Bivona. “Non penso siano state valutate le recenti intercettazioni pubblicate dove si evince quanto cosa nostra odi e consideri ancora un problema grave la presenza sul territorio di Ignazio Cutrò”, ha aggiunto. “Appena lo Stato si stanca... che gli toglie la scorta poi vedi che poi” diceva infatti il presunto boss di San Biagio Platani nelle intercettazioni pubblicate lo scorso gennaio, in seguito all’operazione Montagna che ha arrestato i vertici della mafia agrigentina. In quelle conversazioni intercettate oltre ad emergere l’odio nei confronti di Cutrò e della sua attività emergeva anche l’idea che per colpirlo bastasse attendere: “Se lo avessero voluto punire (lett. calliare) dovevano aspettare” dicevano i due interlocutori. La mafia si sa non ha problemi ad attendere il momento migliore per colpire i suoi nemici.
“Le mafie storicamente non dimenticano purtroppo lo Stato sì. - ha sottolineato Lumia - Dobbiamo invece comprendere che il valore della testimonianza non deve mai essere messo da parte e la sicurezza deve essere sempre garantita come talaltro prevede la legge che abbiamo rafforzato di recente”. Legge chiesta dall’associazione nazionale testimoni di giustizia e “che l’associazione ha contribuito in modo importante” a scrivere.
Cutrò intanto ha fatto sapere con un comunicato stampa che preferisce rifiutare la scorta se alla famiglia viene comunque tolta qualsiasi sicurezza, dalla video sorveglianza alla scorta per i famigliari: “La mia famiglia non ha più tutela, se vogliono colpire me, ancora protetto da due carabinieri, colpiscono la mia famiglia senza protezione. Preferisco fare da esca senza scorta, e morire io, che far ammazzare i miei familiari”.
Foto © Ansa
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