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campagna graziella verticaledi AMDuemila
32 anni fa l'omicidio della 17enne di Saponara

Trentadue anni fa la vita di Graziella Campagna, appena diciassettenne, veniva spezzata dalla ferocia mafiosa. Nata a Saponara il 3 luglio 1968, è diventata vittima di mafia per un fortuito episodio accaduto alla lavanderia “Regina” di Villafranca Tirrena, che raggiungeva quotidianamente in pullman per adempiere alla mansione di stiratrice. Guadagnava 150mila lire al mese, una cifra che le permetteva di aiutare la sua famiglia. Un lavoro "sicuro" almeno fino al 12 dicembre 1985. Al termine della giornata, come di consueto, si diresse alla fermata dell'autobus ma quella sera non tornò a casa. Non vedendola arrivare la madre, preoccupata, avviò le ricerche ma queste non diedero i risultati sperati. Qualcuno in paese, forse intenzionalmente, pensò addirittura ad una “fuitina”. Un'ipotesi che non poteva reggere perché l’unico ad averne interesse sentimentale con la giovane Graziella era proprio con la sua famiglia. Eppure gli investigatori, a cominciare dal maresciallo Giardina, avallarono quella tesi tanto da prendersi un giorno di vacanza, anziché cercare la giovane donna.
Due giorni dopo, il cadavere di Graziella venne trovato a Forte Campone in un luogo isolato. Era a terra, rannicchiata contro un muro, con un braccio alzato in segno di difesa, con cinque colpi di arma da fuoco sparati da meno di 2 metri, su viso, spalla, petto, mano e braccio.

Perché viene uccisa?
Sono tante le circostanze strane e gravi che ruotano attorno a questa vicenda.
Allora il negozio era frequentato da due clienti che si presentarono come l'ingegner Toni Cannata e il geometra Gianni Lombardo, di Palermo. In realtà erano Gerlando Alberti junior (nipote di Gerlando Alberti senior, soprannominato 'u paccarè, il furbo, braccio destro di Pippo Calò) e Giovanni Sutera, pericolosi latitanti ricercati per associazione mafiosa e traffico di droga. Da anni abitavano in una villetta a Villafranca, a due passi dalla caserma dei carabinieri. 
Il destino ha fatto incrociare i mafiosi con quella ragazza dai grandi occhi scuri: sarà uccisa perché aveva trovato, in una camicia lasciata a lavare, alcuni documenti, probabilmente un'agendina.
Cosa raccontavano quei documenti? Probabilmente nomi, storie di complici e protettori. Quando Gerlando Alberti si accorse di averla dimenticata, qualche giorno dopo, spedì di corsa Sutera a recuperarla. Il “cugino” latitante tornò soltanto con un portadocumenti rosso e una foto di Giovanni XXIII. In quel momento fu deciso il destino di Graziella: non lo sapeva la ragazzina, ma aveva visto ciò che non doveva vedere.
La ragazza era la sorella di Piero, un carabiniere e servitore dello Stato, che in possesso di tali informazioni, avrebbe potuto agire a vantaggio della giustizia contro i due trafficanti di Cosa Nostra, danneggiando gli equilibri mafiosi della provincia di Messina.
Intanto, tre giorni prima della sua sparizione, Graziella confidò alla madre la scoperta: “Mamma, lo sai che l’ingegnere Cannata non è lui? E’ un’altra persona”.
Sempre alla madre aveva raccontato che quando ha detto ad Agata Cannistrà, cognata della titolare, della presenza dell’agendina quest’ultima gliel’ha strappata dalle mani. 
L’8 dicembre Alberti e Sutera, pochi giorni prima dell’assassinio, furono fermati dai carabinieri, consegnarono documenti falsi, dissero di essere amici del maresciallo Giardina e, grazie a un sotterfugio, scapparono.

Le stranezze delle indagini
Diverse sono le stranezze nel corso delle indagini: fascicoli del tribunale che si smarriscono; falsi ufficiali di carabinieri che partecipano agli interrogatori e incontri fra testimoni ed altri carabinieri, che si interessano delle perizie balistiche, mentre suo fratello Piero, anch’egli militare, venne rimproverato dal maresciallo per aver svolto indagini autonome per poi fornirle alla polizia.

L’eterno processo
Quattro anni dopo, il 1° marzo dell’89, il giudice istruttore dispose il rinvio a giudizio per l’omicidio di Graziella Campagna nei confronti dei due latitanti Gerlandi Alberti jr e Giovanni Sutera. Nove giorni dopo la Corte d’Assise di Messina dichiarò la nullità degli atti compresa l’ordinanza di rinvio a giudizio. La causa? La mancata notifica agli imputati della comunicazione giudiziaria. Gli atti ritornarono agli uffici della Procura e, a conclusione della nuova fase istruttoria, la Pubblica accusa questa volta avanzò la richiesta di proscioglimento. Il giudice istruttore la accolse il 28 marzo del ’90 con l’ordinanza che dichiarò il non doversi procedere nei confronti di Sutera e Alberti per non aver commesso il fatto.
Della vicenda si tornò quindi a parlare solo nel 1996, con una puntata di 'Chi l'ha visto?', con la lettera di una professoressa che chiedeva la riapertura delle indagini, mentre anche le dichiarazioni di nove pentiti di mafia squarciarono il velo sul delitto di Graziella Campagna. Nel dicembre 1996 il Tribunale di Messina riaprì ufficialmente il caso.
E si arriva ad un nuovo processo. Nel ’98, vennero chiesti sei rinvii a giudizio accusando di omicidio Gerlandi e Sutera e di favoreggiamento Franca Federico, titolare della lavanderia dove lavorava Graziella, suo marito, Francesco Romano, la cognata Agata Cannistrà e il fratello Giuseppe Federico.
L’11 dicembre 2004 vennero giudicati colpevoli e condannati all'ergastolo Alberti e Sutera. Per favoreggiamento furono condannate a due anni anche le due donne che lavoravano con Graziella, gli uomini furono prosciolti.
Il 4 novembre 2006, graziato dal ritardo di consegna della sentenza (quasi due anni) e dall’indulto, il boss palermitano uscì nuovamente di prigione.
Il 10 marzo 2008, in ritardo di 5 mesi a causa di un’opinabile “stop” imposto dall’allora ministro della giustizia Clemente Mastella, venne trasmesso in prima visione su Rai 1 il film “La vita rubata”, ispirato sulla storia di Graziella Campagna.
Intanto, il 18 marzo 2008 la Corte d'Assise d'Appello di Messina confermò la condanna all’ergastolo. Mentre per le due donne ci sarà la prescrizione del reato. Il 18 marzo 2009, la Cassazione respinse il ricorso formulato dai due imputati riconfermando l'ergastolo. Si è conclusa così, tra mille fatiche, la ricerca di verità e giustizia per una giovane donna che oggi avrebbe 49 anni. Una lotta che per fortuna ha reso giustizia a Graziella Campagna e a tutta la famiglia.

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