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via damelio c agf
di Francesca Mondin

I pm di Caltanissetta ascoltati in Commissione antimafia

Si fanno strada nuove aspettative sulla ricerca di verità per la strage di via d'Amelio. I pm della Procura di Caltanissetta, sentiti in Commissione parlamentare antimafia, lasciano emergere qualche indizio su: mandanti esterni, traditori di Borsellino, falsi pentiti e sparizione dell'agenda rossa.  
Il primo grado del quarto processo per la strage si è concluso lo scorso aprile condannando i boss Salvo Madonia e VittorioTutino per la strage e i "falsi pentiti" Francesco Andriotta e Calogero Pulci per calunnia mentre per VincenzoScarantino il reato è stato prescritto. Una sentenza che ha messo un punto fermo sulle responsabilità della famiglia di Brancaccio, capitanata dai fratelli Graviano ma che non ha dato risposte sui possibili mandanti esterni. Ora è proprio a partire dai Graviano che i pm di Caltanissetta inseriscono l'argomento mandanti esterni rispondendo alle domande della Commissione. “Il cuore del problema sono i Graviano, - hanno detto i magistrati nisseni - se tutto questo va oltre Cosa nostra, quindi, è perché i Graviano hanno avuto un’interlocuzione con ambienti istituzionali”. E perchè non provare a farli parlare allora? Ecco che quando la deputata Laura Garavini chiede informazioni su quest'ipotesi la seduta, su proposta della presidente Rosy Bindi, diventa segreta.
La sentenza dell'aprile scorso è importante per un altro motivo: ha messo nero su bianco il depistaggio avvenuto tramite il falso pentito Vincenzo Scarantino "determinato a commettere il reato" dagli apparati di Polizia (motivo per cui, per lui, il reato è stato prescritto, ndr).
In passato gli agenti Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera, furono accusati di aver indotto i collaboratori di giustizia a fornire una versione falsa ma le indagini sono state archiviate a gennaio dello scorso anno mentre si sta indagando nei confronti di altri sei funzionari di polizia. Restano ad ora ancora aperti, quindi, gli interrogativi sul perchè ci fu il depistaggio e da chi fu perpetrato. Su questo però si prevedono forse delle novità prossimamente. E' il magistrato Gabriele Paci che, convinto di essere in audizione segreta, si è lasciato sfuggire: “Scarantino viene indottrinato - questo sì - da due appartenenti...” per poi bloccarsi e chiedere: “Siamo in fase segretata, vero, presidente? Chiedo scusa. Pensavo di sì”.
Altro punto affrontato è l'identità dell’amico che ha tradito Paolo Borsellino, “poteva essere anche un magistrato” hanno detto i pm e il procuratore Amedeo Bertone ha specificato che “ci sono alcune indicazioni dell’istruttoria dibattimentale che possono offrire con un ulteriore approfondimento”, poi di nuovo la seduta diventa segreta mentre Bertone entra nel vivo dell'argomento.
Riguardo l'agenda rossa di Paolo Borsellino, fatta sparire il giorno stesso della strage, i magistrati hanno confermato la possibilità di riaprire le indagini. “Ci sono discordanze evidenti nelle dichiarazioni dei testimoni, - hanno detto i pm - si terrà conto della possibilità di riaprire le indagini”. L'agenda rossa dovrebbe essere stata dentro la valigia in cuoio ma al suo interno non è stata trovata. C'è una foto che immortala il capitano Giovanni Arcangioli mentre tiene in mano la valigetta di Borsellino. Anche il pm Ayala avrebbe avuto in mano la valigia per alcuni secondi ma ha dato ben cinque versioni differenti sul fatto. Mentre Arcangioli (accusato e poi prosciolto per il furto dell’agenda rossa) ha fornito una versione ancora diversa in contrasto con quelle del magistrato.
In via d'Amelio quel 19 luglio, mentre probabilmente spariva l'agenda rossa, secondo diversi agenti presenti c'era la presenza dei servizi. Un tema, quello dei servizi segreti, che però non è stato approfondito davanti alla Commissione parlamentare.
L'ispettore Giuseppe Garofalo, tra i primi ad arrivare nel luogo della strage, è tornato a parlare oggi su Repubblica di un uomo che “si aggirava attorno alla blindata del procuratore Paolo Borsellino e chiedeva della borsa del giudice”. Quando chiesi chi era, ha spiegato Garofalo, “mi ha risposto: Servizi segreti e mi ha mostrato un tesserino”.
Anche l'ex sovrintendente di polizia Francesco Maggi ha dichiarato in passato che sul posto “c’erano almeno quattro, cinque uomini dei Servizi. Avevano la spilletta del Ministero dell’Interno. Era gente di Roma e non capivo che cosa facessero, ma sono certo, perchè li conoscevo”.
A parlare di servizi segreti riguardo la strage di Borsellino è stato anche il pentito Armando Palmeri, autista e uomo di fiducia del capomafia trapanese Vincenzo Milazzo.
Palmeri ha raccontato di almeno tre incontri tra il boss e dei “personaggi dichiaratisi appartenenti ai servizi segreti”. Secondo quanto ha detto il pentito “a Milazzo venne proposto di adoperarsi per la destabilizzazione dello Stato, finalità da perseguire attraverso il compimento di atti terroristici fuori dalla Sicilia”. Progetto al quale però “Milazzo si dimostrò decisamente contrario” perchè “diceva, non avrebbe portato alcun vantaggio a Cosa nostra e anzi avrebbe determinato una veemente reazione dello Stato”. Milazzo fu ammazzato assieme alla fidanzata qualche giorno prima della strage via d'Amelio.

Foto © Agf

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