Coinvolti anche minori, tre donne ai vertici del clan
di AMDuemila
C’è un intero quartiere, a Catania, che baserebbe la propria economia sul traffico di droga. E’ quello di san Giovanni Galermo, ritenuto tra i più affidabili e tenuto maggiormente in considerazione dal boss Benedetto Santapaola, dove questa mattina è scattata l’operazione “Doks” ad opera dei carabinieri del comando provinciale di Catania. Oltre 200 i militari dell'Arma che hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare del Gip, emessa su richiesta della locale Dda della Procura, nei confronti di 54 persone, tra cui anche 3 donne. In carcere sono finite 30 persone, 10 sono state poste ai domiciliari, mentre per altre dieci è stato notificato il provvedimento restrittivo in carcere. Per due degli indagati è stato disposto l'affidamento in prova ai servizi sociali e l'obbligo di dimora. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, traffico di armi e droga, estorsione e rapina. Durante le indagini sono state sequestrate sostanze stupefacenti e accertate le dinamiche del gruppo mafioso anche nella gestione dello spaccio, con un giro da 40 mila euro a settimana, oltre a fare luce su numerose estorsioni a imprenditori e commercianti.
L'attività di traffico nel quartiere avrebbe fruttato circa 50 mila euro al giorno. Gli investigatori hanno accertato che uno degli arrestati non esitava a svolgere la sua attività di spaccio e confezionamento della droga in presenza dei figli, che non hanno nemmeno 10 anni. I bambini venivano utilizzati come schermo per eludere il controllo delle forze dell'ordine. Dalle intercettazioni ambientali è emerso che i minorenni erano pienamente coinvolti e consapevoli dell'attività illecita ed hanno sviluppato modi di fare talmente aggressivi da incutere timore ad atre persone legate allo spaccio molto più anziane.
L'indagine, condotta dal 2014 al 2016, si è avvalsa delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia ed è stata avviata sulla base di intercettazioni, emerse da un procedimento in corso per associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni, durante il quale nel 2013 era emerso che per cause legate alla leadership all’interno del gruppo mafioso tre degli indagati - i fratelli Vincenzo ed Arturo Mirenda ed una terza persona - avrebbero voluto attentare alla vita di un altro componente del gruppo, Vittorio Benito Fiorenza. Le indagini sull'episodio hanno portato gli investigatori a far piena luce sull'articolato gruppo di spacciatori, che sarebbero stati capeggiati da Alessandro Palermo, che acquistava cospicue quantità di droga da spacciare nei comuni dell'hinterland nord della provincia etnea.
Dalle indagini è inoltre emerso un importante ruolo delle donne, così come il fatto che l'alternanza delle figure a capo del gruppo, in seguito agli arresti che si susseguivano, avrebbe portato gli affiliati a porsi immediatamente alle dipendenze del nuovo responsabile. Secondo quanto accertato il gruppo attualmente sarebbe stato capeggiato da Salvatore Gurrieri che, agli arresti domiciliari, dirigeva le attività illecite grazie ai fratelli Vincenzo, Arturo ed Angelo Mirenda. Il gruppo, stando alle indagini, avrebbe avuto un ingente volume di affari illegali nel settore, oltre che dello spaccio di droga, delle estorsioni e delle rapine ai danni di imprenditori e commercianti.
"Purtroppo gli effetti collaterali negativi della crisi sono anche questi. - ha dichiarato il Procuratore della Repubblica a Catania Carmelo Zuccaro in conferenza stampa - La maggiore fonte di reddito di un intero quartiere è rappresentato dal traffico di sostanze stupefacenti e questo è veramente uno degli aspetti più negativi di questo fenomeno. Significa che noi rischiamo di consegnare in maniera più o meno definitiva alla delinquenza giovani, persone che invece in una situazione diversa potrebbero dare all'economia un contributo ben diverso”. "Il mio maggiore cruccio - ha aggiunto - è che per quanto riguarda le estorsioni, non abbiamo potuto contare sulla collaborazione delle vittime nonostante già avessimo manifestato loro il fatto che eravamo a conoscenza dell'estorsione in corso".
I nomi dell’operazione “Doks"
In carcere sono finiti Giosuè Michele Aiello, di 24 anni, Domenico Buttafuoco, di 29, Mario Maurizio Calabretta, di 29, Andrea Nicolò Corallo, di 35, Mario Dilosà, di 42, Salvatore Fiore, di 50, Andrea Florio, di 23, Giorgio Freni, di 52, Francesco Furnò, di 29, Vincenzo Gigantini, di 50, Armando Giuffrida, di 37, Francesco Iuculano, di 31, Silvana Leotta, di 41, Salvatore Lo Re, di 30, Salvatore Mantarro, di 52, i fratelli Angelo ed Artur Miranda, rispettivamente di 53 e 56 anni, Francesco Lucio Motta, di 31, Corin Musumeci, di 22. Sono stati inoltre arrestati Desiree Musumeci, di 18 anni, Domenico Musumeci, di 48, Carmelo Palermo, di 60, Salvatore Fabio Valentino Palermo, di 37, Salvatore Ponzo, di 31, Saverio Rampulla, di 31, Mario Russo, di 54, Antonino Savoca, di 27, Corrado Spataro, di 34, Damiano Salvatore Squillaci, di 24 e Nicola Strano, di 53. Ai domiciliari sono stati posti Diego Aiello, di 22 anni, Alfredo Bulla, di 33, Alessio La Manna, di 29, Antonino Giuffrida, di 54, Antonino Cosentino, di 38, Vincenzo Florio, di 40, Vincenzo Mirenda, di 44, Alessandro Palermo, di 42, Salvatore Caltabiano, di 41 e Antonino Russo, di 28. In carcere il provvedimento restrittivo è stato notificato a Claudio Pietro Antonio Aiello, di 31 anni, Daniele Buttafuoco, di 29, Claudio Calabretta, di 53, Nunzio Caltabiano, di 48, Vittorio Benito Fiorenza, di 36, Vincenzo Di Mauro, di 38, Massimo Vizzini, di 44, Mario Guglielmino, di 50, Salvatore Gurrieri, di 44, Francesco Privitera, di 34 e Angelo Varoncelli, di 47. L'affidamento in prova ai servizi sociali e l'obbligo di dimora è stato disposto per Andrea Mazzarino, di 30 anni, ed Antonio Mangano, di 40.
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