Diversi gli omissis nelle conversazioni del boss di Brancaccio
di Aaron Pettinari
“Ero latitante a Omegna (paesino in provincia di Novara, ndr) ci ho fatto quattro anni di latitanza. Una mattina la persona che mi ospitava mi dice: questa notte hanno arrestato Balduccio Di Maggio e subito ha iniziato a collaborare… allora che succede… minchia… io subito gliel’ho fatto sapere…”. Giuseppe Graviano, anche soprannominato “Madre natura” parla il 23 gennaio scorso con la “dama di compagnia” Umberto Adinolfi, boss camorrista. Le cimici registrano e gli uomini della Dia riportano nei verbali ogni parola di quei fatti avvenuti oltre vent’anni fa.
Se fosse vero quanto dichiarato dal capomafia di Brancaccio per quale motivo Riina decise di non cambiare casa? Di Maggio è l’uomo che, secondo quanto riferito dal Ros, avrebbe permesso la cattura del Capo dei capi, indicandolo all’uscita del complesso di via Bernini e sarebbe stato proprio lui a indicare il luogo. Gli inquirenti però, alla luce delle parole di Graviano, mettono ulteriormente in dubbio questa ricostruzione. “Poi ho incontrato a quello che… (Graviano, scrive la Dia, gesticola per indicare l’autista di Riina, Salvatore Biondino)… gli ho detto… ma… dice… chissà se mi avessi ascoltato… tante cose oggi mi rimane… tutto quello che mi dicevi… allora il… perdonare… ti ha combinato…”.
Sempre in quel giorno il duo Graviano-Adinolfi ha parlato anche del presidente del Senato Pietro Grasso. E’ Adinolfi ad aprire il discorso (“…la politica italiana è molto ricattabile dalla magistratura… altrimenti non si spiegherebbe un procuratore presidente del Senato” e, secondo quanto annotato dalla Dia, avrebbe aggiunto “che probabilmente ciò è avvenuto per fare apparire che… il loro partito è immacolato… è il panno della legalità”). Graviano pure dice la sua ma ci sono solo omissis. Dopo le indiscrezioni di stampa il Procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi ha voluto chiarire che "al solo fine di evitare il diffondersi di notizie errate e fuorvianti, chiarisco che quanto oggi riportato da un organo di stampa nazionale, in merito alle intercettazioni del detenuto Giuseppe Graviano e contenenti riferimenti al presidente del Senato Pietro Grasso, è frutto di una personale interpretazione degli autori dell'articolo". "Infatti, la parte dell'informativa della DIA oggetto di 'omissis', successiva alla frase "Adinolfi sostiene che avrebbe potuto aspirare ad una prosecuzione della carriera presso la Corte di Cassazione", - conclude Lo Voi - non riguarda assolutamente il presidente Grasso, ma altri soggetti e vicende a lui del tutto estranei".
Nessuna responsabilità
Graviano nega in ogni modo di essere stato a Palermo in via d’Amelio il giorno dell’attentato a Borsellino. Il verbale è quello del 28 marzo scorso, alla vigilia del suo interrogatorio con i pm palermitani. Anche in questo caso vi sono gli omissis, segno che le dichiarazioni sono ritenute di interesse investigativo. In quel giorno lui afferma “che era al casinò di Sanremo”, ma qualche giorno prima aveva dichiarato: “Perché loro sono convinti che sono stato io ad ammaccare il pulsante, mi sono spiegato? Tutti i magistrati sanno questa storia, però non hanno nessuno che gli conferma questa cosa… l’altra volta hanno intervistato al pm di Caltanissetta e dice ma come mai che non si può sapere che è stato? È stato Giuseppe Graviano è che non abbiamo le prove! Però tutto ci porta a lui! Io l’ho sentito dire direttamente dal procuratore di Caltanissetta…”.
Parere sull'antimafia
Nel suo flusso di coscienza il capomafia fa commenti anche sullo stato dell’antimafia: “Ora se tu vedi in Sicilia è diventata una vergogna... tutti questi dell'antimafia. Ti ricordi quello della Confindustria, Montante... lo chiamano 10 pentiti”. Montante è attualmente indagato a Caltanissetta per concorso in associazione mafiosa. Ma non è il solo citato dal boss a cui si aggiunge “il giudice delle misure di prevenzione di Palermo" (Silvana Saguto, indagata per corruzione e sospesa dalle funzioni e dallo stipendio, ndr) e "il presidente dell'antiracket di Castellammare del Golfo vicino al latitante Matteo Messina Denaro". "Sono tutti che fanno l'antimafia - conclude il boss - e si prendono i lavori ed ancora il Governo non se ne accorge".
Il ruolo di Provenzano
Il 14 luglio dello scorso anno i due compagni di socialità parlano della morte di Provenzano “che non lo hanno fatto uscire dal carcere prima di morire, la cosa è indicativa perché non depone bene per la posizione dei detenuti mafiosi”. Adinolfi spiega che “anni fa ha sentito dire in carcere che se non muoiono i cosiddetti vecchi stragisti, come Totò Riina e Provenzano, non ci saranno benefici penitenziari”. Poi c’è un passaggio di particolare interesse per gli inquirenti del processo in corso in Corte d’assise a Palermo sulla trattativa Stato Mafia dove le intercettazioni sono state depositate. Adinolfi è diretto nel chiedere il motivo per cui “si sono fermate certe situazioni”. “Stai parlando del ’93? - risponde Graviano - E’ chiaro, è chiaro… se tu vedi, se tu leggi sentenze…”. E Adinolfi prosegue: “Vabbò, allora avevano ragione che il Vecchio (Provenzano, ndr) pensava ai c… suoi… o era un altro che gli piacevano le trattative?”. Graviano risponde con un gesto della mano portandola allo sterno, come a confermare: “Minchia questo…”. “Pensava i fatti suoi… diceva, facciamo sta guerra…” proseguiva Adinolfi. E ancora “Madre natura”: “Minchia, andava cercando… Umbé, che la gente non ce l’ha fatta più… tutte cose”. “La Carogna” dice ancora Adinolfi. Risponde Graviano: “E tu lo vedi che fine ha fatto l’amico nostro… non solo, e un poco si faceva pure a lui... siccome io gli avevo detto no, poi se lo sono andati a fare… tanti fatti… tanti fatti.. Vergogna… vergogna..”. E alla domanda se Riina fosse al corrente, ancora una volta Graviano risponde in maniera affermativa per poi fare riferimenti criptici: “Servizi, al comandante, non posso parlare… no, perché… non … non s’insirragghia mai con quello…”.
Ultima mossa
Il 17 marzo scorso, infine, il boss di Brancaccio e il camorrista parlano di Messina Denaro. “La cosa importante che devo fare io…”. “Di quello di Milano?”, chiede Adinolfi. “Eh…Troverò le cose che ho nel cervello delle due stragi… che li ordinò Matteo (Messina Denaro, ndr), questo è quello che so”. Chi indaga ipotizza un tentativo estremo di Graviano di trovare sponde all’esterno del carcere per proporre uno scambio: “La politica però Umbe’ io scanserò la politica – dice il boss poco dopo –, mi hai capito? Io vorrei salvare lui, vorrei salvare me…”.
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