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lidl insegnadi AMDuemila
Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Varese e personale della Squadra Mobile della Questura di Milano ha arrestato 15 persone accusate a vario titolo di far parte di un'associazione per delinquere che ha favorito gli interessi, in particolare a Milano e provincia, della famiglia mafiosa catanese dei 'Laudani' o 'Mussi i ficurinia'. Le misure cautelari sono state emesse dal gip del Tribunale di Milano, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.
Oltre 60 sono perquisizioni locali disposte tra Lombardia, Piemonte, Puglia e Sicilia, insieme a sequestri preventivi di beni immobili, quote sociali, disponibilità finanziarie e ordinanze di amministrazione giudiziaria nei confronti di società operanti nel settore della grande distribuzione, della vigilanza e sicurezza privata.
Sempre in mattinata, la Polizia di Stato e la Guardia di Finanza stanno eseguendo, in provincia di Catania, un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di quella sede, nei confronti di 2 indagati accusati di far parte dell'associazione mafiosa ugualmente riconducibile alla famiglia dei Laudani'.
La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano, nell'ambito dell'inchiesta, ha stabilito che in 4 delle 10 direzioni generali italiane del marchio tedesco della grande distribuzione Lidl la gestione sarà assunta dai giudici. Il provvedimento sarebbe relativo alla gestione delle quattro direzioni generali per 6 mesi. Disposta, inoltre, l'amministrazione giudiziaria della società di sorveglianza privata del Palazzo di Giustizia di Milano. La misura adottata dai giudici sarebbe riferibile a presunti legami della società con il clan.
In Sicilia sono stati arrestati Enrico Borzì e Vincenzo Greco, indagati per associazione mafiosa. Secondo l'ordinanza, poi, tre degli arrestati nell'inchiesta della Dda di Milano sulle presunte infiltrazioni al nord del clan mafioso dei Laudani avrebbero promesso "a Di Lauro Angelo Antonio (consigliere comunale a Cinisello Balsamo)", indagato, "somme di denaro allo stato non determinate nonché voti in occasione delle prossime elezioni amministrative quale prezzo della mediazione illecita di Di Lauro verso un assessore al comune di Cinisello (allo stato non meglio identificato)". E ciò "affinché quest' ultimo contribuisse a modificare i vincoli urbanistici esistenti su una villa di rilevanza storica" nel Comune del Milanese, perché poi potessero "costruire su quest'area campi da tennis" e un "parco giochi".
La presunta associazione per delinquere, si legge nell'ordinanza, avrebbe ottenuto "commesse e appalti di servizi in Sicilia" da Lidl Italia e Eurospin Italia attraverso "dazioni di denaro a esponenti della famiglia Laudani", clan mafioso "in grado di garantire il monopolio di tali commesse e la cogestione dei lavori in Sicilia". Gli arrestati, inoltre, avrebbero ottenuto lavori da Lidl Italia "in Piemonte" attraverso "dazioni corruttive". L'ordinanza cautelare è del gip di Milano Giulio Fanales, emessa su richiesta del pm della Dda Paolo Storari. Secondo le indagini il gruppo criminale, composto da 16 persone, avrebbe commesso "una pluralità di delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, omessa dichiarazione Iva, omesso versamento IVA, appropriazione indebita, ricettazione, traffico di influenze, intestazione fittizia di beni, corruzione tra privati". Nello specifico Luigi Alecci, Giacomo Politi e Emanuele Micelotta, "con il ruolo di capi e promotori", avrebbero costituito nel 2008 "dapprima la Sigi Facilities e poi, nel 2015, la Sigilog, società consortile a cui fanno capo una serie di imprese, che si occupano di logistica e servizi alle imprese, intestate a prestanome al fine di permettere agli indagati una totale mimetizzazione". Imprese che avrebbero versato somme di denaro a Simone Suriano "dipendente Lidl Italia srl, con il ruolo di associato" oggi finito agli arresti domiciliari. Suriano sarebbe stato "stabilmente a libro paga al fine di far ottenere appalti a favore di imprese facenti parte dei consorzi Sigi Facilitis e Sigilog". La società Lidl Italia, invece, non è coinvolta nell'indagine. Anche a Salvatore Orazio Di Mauro sarebbe stato versato denaro "fino al suo arresto intervenuto in data 10.2.2016". L'uomo sarebbe un "esponente di spicco della famiglia Laudani, uomo di fiducia di Laudani Sebastiano classe '69, detto Iano il grande". Sarebbero stati inviati dei soldi anche a "Enrico Borzì", anche lui presunto esponente dell'associazione. I rapporti tra gli indagati e la famiglia Laudani, stando sempre alle indagini, "risalgono a tempo addietro" e tra le finalità dei versamenti c'era anche quella "di provvedere al sostegno dei detenuti della famiglia mafiosa dei Laudani".
Una delle funzioni della presunta associazione per delinquere sarebbe stata quella di fare "da serbatoio finanziario del clan: da un lato, l'appartenenza al sodalizio di soggetti esercitanti il controllo su floride aziende del settore della sicurezza privata e, d'altro canto, l'opportuna lontananza del luogo di formazione della provvista, dal territorio di riferimento del clan, rendono particolarmente efficace l'attività dell'associazione, volta al sovvenzionamento dell'organizzazione di stampo mafioso". L'ordinanza mette inoltre in evidenza "la complessità del sistema escogitato onde conseguire la provvista illecita da destinare al clan, con il notevole impegno, profuso dagli associati, per garantirne l'operatività; la determinazione dimostrata nel sovvenzionare l'organizzazione mafiosa, tanto da fare proseguire il versamento delle somme, a quel punto a favore dei parenti degli affiliati, malgrado la cattura dei principali esponenti del clan; infine, i grandi rischi corsi dagli indagati, stante la rilevante distanza fra il territorio di operatività dell'associazione, nonché luogo delle loro dimore abituali, ed il comune di Acireale, ove hanno luogo le consegne di denaro".
Ciò che si sarebbe verificato, si legge ancora, è uno "stabile asservimento di dirigenti della Lidl Italia srl, preposti all'assegnazione degli appalti, onde ottenere l'assegnazione delle commesse, a favore delle imprese controllate dagli associati, in spregio alle regole della concorrenza e con grave nocumento per il patrimonio della società appaltante". Gli arrestati, inoltre, avrebbero messo le mani su appalti Lidl riguardanti "l'organizzazione della logistica presso i magazzini ove è custodita la merce di natura non alimentare, l'allestimento di nuovi supermercati, il rifacimento di negozi preesistenti, le manutenzioni periodiche, o le riparazioni occorrenti in caso di guasti improvvisi".
Parte dei versamenti, scrive il gip, andava alle famiglie dei detenuti del clan, e il denaro "viene da un indagato portato in Sicilia e da costui consegnato nelle mani del cassiere del clan, Borzì Enrico". Il cassiere "tiene un apposito registro, in cui vengono indicati i riferimenti dei versamenti in ingresso (nominativi, date e importi relativi alle somme introitate) ed i riferimenti dei pagamenti in uscita (nominativi, date e importi relativi alle somme corrisposte)". Al familiare del detenuto, "beneficiario del versamento, il cassiere richiede la sottoscrizione di una ricevuta".
In questo contesto, si legge nelle conclusioni del provvedimento con cui la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia, ha disposto l'amministrazione giudiziaria di Lidl Italia s.p.a. "Non può essere invocata una posizione di buona fede" dei dirigenti delle quattro direzioni generali Lidl di Volpiano, Biandrate, Somaglia e Misterbianco, al centro dell'inchiesta della Dda milanese, in quanto "non solo percepiscono denaro per assegnare lavori in favore degli indagati (...) ma intrattengono, in via diretta o indiretta (questo allo stato non è noto) rapporti con soggetti appartenenti alla famiglia mafiosa dei Laudani in grado di orientare le scelte" della catena della grande distribuzione nell'assegnare gli appalti dei servizi.
"È stata una indagine molto complessa - ha commentato il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini - condotta in perfetta sinergia tra la Polizia e la Gdf. Sono stati seguiti i passaggi di denaro, il denaro raccolto a Milano veniva consegnato alla famiglia Laudani". Era come, ha aggiunto il magistrato "pescare in un laghetto sicuro: sapevano esattamente chi, come e dove trovare le persone da corrompere".
Il flusso di denaro, secondo l'indagine, avrebbe coinvolto anche una dipendente della Comune di Milano. Lo hanno precisato gli inquirenti nel corso del conferenza stampa che si è tenuta in Questura. "Si tratta di una dipendente che è stata posta agli arresti domiciliari - ha detto il sostituto che ha coordinato le indagini, Paolo Storari - indagata per aver dato un appalto di pulizia a una delle società coinvolte". Un appalto su servizi di pulitura, secondo quanto emerso, di importo inferiore ai 50 mila euro.
Corrompere in Italia è facile", ha affermato Boccassini e "si pagano non solo i funzionari e i dipendenti ma anche i pensionati e chiunque possa avere influenza o segnalare i corruttibili". Ma soprattutto la mafia, ha proseguito, "cerca la polverizzazione dei dati". "Siamo di fronte a fatture false anche di mille o duemila euro - hanno spiegato gli inquirenti in una conferenza stampa - Volumi non elevati, per scelta". Abbassare la soglia dei movimenti di liquidità (otto i viaggi documentati dalle indagini) rappresenta "l'evoluzione del sistema di corruzione in Italia". E i Laudani "sono una famiglia ritenuta il braccio armato di Nitto Santapaola".
"Lidl Italia - ha dichiarato la società in una nota - si dichiara completamente estranea a quanto diffuso in data odierna dai principali media in relazione all'operazione gestita dalla Dda". "L'azienda, che è venuta a conoscenza della vicenda in data odierna da parte degli organi inquirenti - viene sottolineato nel comunicato - si è resa da subito a completa disposizione delle autorità competenti, al fine di agevolare le indagini e fare chiarezza quanto prima sull'accaduto. Lidl Italia precisa, inoltre, che l'azienda non risulta indagata e non vi sono sequestri in atto". Anche il Gruppo Securpolice, che si occupa della vigilanza al Palazzo di Giustizia di Milano e di cui si parla nell'inchiesta, "conferma la propria disponibilità verso gli inquirenti per fornire ogni elemento utile a chiarire circostanze e fatti che vedono, a vario titolo, coinvolte alcune sue società".

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