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vitale giovanni ilpanda repubblicaitIl neo-pentito ha deposto in video conferenza per la prima volta
di Aaron Pettinari
Era grande la curiosità per la prima volta del “Panda”, Giovanni Vitale, in un’aula di tribunale come teste. La deposizione dell’ex boss è andata in scena ieri pomeriggio, in videoconferenza, al processo Apocalisse in corso davanti alla quarta sezione del Tribunale, presieduta da Raffaele Malizia (a latere Riccardo Corleo e Luciana Caselli).
E’ lui l’ultimo pentito di Cosa nostra che sta riempendo verbali su verbali raccontando i segreti del racket del pizzo e delle estorsioni del clan di Resuttana. Vitale, difeso dall’avvocato Monica Genovese, è stato arrestato lo scorso 27 gennaio ed ha deciso di collaborare per amore della moglie (la donna si trova in una località protetta con i tre figli mentre lui, già condannato in abbreviato a 8 anni e 8 mesi, è in carcere). Rispondendo alle domande dei pm Annamaria Picozzi, Francesco Del Bene, Amelia Luise e Dario Scaletta ha ripercorso la propria carriera criminale, raccontando una lunga serie di episodi estorsivi. Poi, così come aveva già fatto negli interrogatori con i magistrati, anche in aula ha compiuto alcuni riconoscimenti fotografici. Durante uno di questi ha persino ricordato una vicenda nuova, ora al vaglio degli inquirenti: “Questo nella foto è Sebastiano Filingeri, ci siamo conosciuti all'Ucciardone. Eravamo dentro tutti e due per rapina - ha detto in videocollegamento "il Panda" - e ricordo che Mimmo Fuschi e i ragazzi di Sebastiano Filingeri andarono nel negozio di orologi "La Passione del tempo", in una traversa di viale Libertà. Chiesero il pizzo e il titolare non volle pagare. Anzi chiamò Alessandro D'Ambrogio (il boss di Porta Nuova, ndr) e gli fece vedere le immagini del sistema di videosorveglianza per sapere chi era questo che si era permesso, senza autorizzazione, di andare a chiedergli il pizzo”. E poi ha aggiunto: “D’Ambrogio a quel punto chiamò Giuseppe Fricano (capo di Resuttana, ndr) e lui lo disse a me. Si arrabbiò e disse che quello era un suo conoscente e di lasciare stare". Tra i soggetti riconosciuti in fotografia vi è anche Giuseppe Faraone, ex consigliere comunale. “Questo lo conosco - ha detto il collaboratore di giustizia - Si chiama Faraone ma non ricordo il nome. Però veniva sempre da Fricano, non so perché. Era un tipo pieno di problemi e nel momento in cui lo vedevo scappavo via. In tanti gli volevano alzare le mani, doveva dare soldi a molta gente, ma non so a chi”.
Faraone, eletto nel 2012 nella lista “Amo Palermo”, poi passato al Megafono ed infine a Noi con Salvini, è tra gli imputati del processo, accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, ma il pentito non sapeva che faceva politica.

L’accusa contro il Padrino di Resuttana
Il “Panda” ha accusato apertamente il capomafia Fricano: “E’ battezzato nel senso che è affiliato a Cosa nostra. Il giorno in cui ci fu la cerimonia ci vedemmo al chiosco dell’Ucciardone: arrivò con la mano sporca di sangue per la punciuta, ma era contento. Ricordo che Antonino Siragusa disse di avere i brividi: si era commosso per l’emozione di quel momento”. Secondo la ricostruzione del pentito il padrino sarebbe stato D’Ambrogio, capo mandamento della vicina Porta nuova. Per aver rivelato un fatto come l'affiliazione, Fricano sarebbe stato posato. “Me lo disse Rosario Profeta, mi disse che era nei guai e io andai a trovarlo con Filingeri. E lui, Fricano, quando mi vide, si mise a piangere. Fu messo da parte per questo ed altri motivi. Subito dopo mi chiamò Giovani Niosi e mi chiese se potevo dargli aiuto per sistemare San Lorenzo ma io risposi di no perché per me Fricano non aveva sbagliato”.

Gli affari di Cosa nostra
Vitale, rispondendo alle domande dei pm, ha raccontato vari episodi di estorsione come quello alle discoteve Speak Easy e Villa Giuditta, oppure quella all’impresa di pulizia di Tommaso Natale, il Bowling della Favorita, alcuni centri scommesse a Resuttana e tra via Filippo Di Giovanni e via Montepellegrino. "Imponevamo le macchinette e volevamo la percentuale sul sito di scommesse", ha spiegato Vitale. Tra gli affari di Cosa nostra anche le truffe all’ippodromo “con le gare che erano tutte truccate quando ce ne occupavamo noi”.

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