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Il racconto dei pentiti sul duplice omicidio a Carini, coinvolte altre persone
di Francesca Mondin
Ci sono almeno altre cinque o sei persone, oltre gli esecutori materiali, dietro l’uccisione e la successiva sparizione dei corpi di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto spariti il 26 aprile 1999. Un’equipe criminale mafiosa che avrebbe curato ogni dettaglio per non lasciare traccia. Tanto che dopo aver rinchiuso i due cadaveri nell’auto avrebbero “compattato” la macchina riducendola ad un cubo di rottami per poi seppellirla in un terreno della zona industriale di Carini.

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Probabilmente nessuno avrebbe cercato la Fiat Uno delle vittime sotto terra se a parlare non fossero stati due pentiti come Gaspare Pulizzi e Nino Pipitone presenti al momento dell’omicidio. Pulizzi non era riuscito a dare indicazioni precise sul luogo in cui fu seppellita l’automobile mentre Pipitone, ex rampollo del clan Carini che da quasi un anno sta collaborando con la giustizia aveva dato qualche indicazione di massima.
Ora i Carabinieri hanno individuato, grazie alle precisazioni di una loro fonte confidenziale, su quale terreno iniziare a scavare ma le condizioni del tempo meteorologico ancora non hanno permesso l’inizio dei lavori di ricerca sul terreno sequestrato il mese scorso.
La ricerca non sarà delle più facili nonostante l’apparecchiatura di cui dispongono i carabinieri come il georadar che permette di individuare le masse solide sotterrate. Il ritrovamento di quel che resta della Fiat Uno e dei corpi al suo interno sarebbe un  importantissimo riscontro alle dichiarazioni dei due pentiti che potrebbe mettere la parola fine alla macabra vicenda.
Tra novembre e dicembre, a seguito delle dichiarazioni di Pipitone, sono stati arrestati per il duplice omicidio, su richiesta dei pm Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi, Amelia Luise, gli zii del pentito, Vincenzo e Giovanbattista Pipitone, Antonino Di Maggio e l'imprenditore Salvatore Cataldo.

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Secondo i racconto fornito dai collaboratori di giustizia tra i killer ci sarebbe stato anche Angelo Conigliaro, morto per cause naturali.
L’omicidio si sarebbe svolto a casa dell’imprenditore Cataldo dove le due vittime, ignare di tutto, furono attirate con un invito per poi essere ammazzate. Failla, secondo il racconto di Pipitone, fu strangolato da “Conigliaro e dai miei zii” dopo essere stato stordito mentre Mazzamuto fu colpito in testa “si è accasciato sul divano ed è rimasto lì”.
I pentiti hanno spiegato che le due vittime erano colpevoli di aver danneggiato un supermercato senza l’autorizzazione dei Lo Piccolo ma se ci fossero altre ragioni dietro la condanna a morte non sarebbe stato detto né a Pipitone né a Pulizzi. Gli inquirenti infatti avevano ipotizzato un’altra causa: secondo i carabinieri, Failla e Mazzamuto erano stati condannati a morte perché i Lo Piccolo sospettavano il loro coinvolgimento nella scomparsa di Luigi Mannino, parente dei Lo Piccolo ucciso nell'aprile 1999, pochi giorni prima del duplice omicidio.

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