di Miriam Cuccu
Prima vera udienza, quella di ieri a Bari contro il maresciallo Saverio Masi, accusato di diffamazione al processo nato dall'esposto del colonnello dei Carabinieri Giammarco Sottili per un articolo del Corriere della Sera del 3 maggio 2013 a firma del giornalista Sigfrido Ranucci (la cui posizione è invece stata archiviata).
Oggetto dell'udienza è stata l'escussione – unicamente sull'accusa di diffamazione tramite il quotidiano milanese – dei tre testimoni che ricoprono posizioni di vertice rispetto a Masi: i colonnelli Gossu e Sancricca insieme allo stesso Sottili, chein un altro procedimento a Roma è a sua volta accusato di aver diffamato Masi per il contenuto di un comunicato stampa del 2013.
Nell'articolo di Ranucci Masi descriveva gli stop ricevuti direttamente da un suo superiore per impedire la cattura del boss Bernardo Provenzano, allora latitante: “Noi non abbiamo nessuna intenzione di prendere Provenzano! - avrebbe detto - Non hai capito niente allora? Lo vuoi capire o no che ti devi fermare? Hai finito di fare il finto coglione? Dicci cosa vuoi che te lo diamo. Ti serve il posto di lavoro per tua sorella? Te lo diamo in tempi rapidi!”.
Oltre a questo, il maresciallo Masi spiegava al Corriere della Sera di aver dovuto fare i conti anche con clamorosi sviamenti per non arrivare alla cattura di Matteo Messina Denaro, ultimo superlatitante di Cosa Nostra. Tra gli episodi raccontati, il mancato piazzamento di microspie e telecamere in un casolare, dove durante un appostamento successivo Masi avrebbe visto una persona che molto probabilmente era lo stesso Messina Denaro. Ancora, a marzo 2004, il maresciallo avrebbe incrociato casualmente a Bagheria un'utilitaria che gli tagliava la strada: alla guida sempre la “primula rossa” di Castelvetrano.
Il processo è stato rinviato al prossimo 6 novembre quando sarà la volta di altri sei testimoni, ugualmente superiori gerarchici di Masi.
Bari, processo a maresciallo Masi: sentiti tre superiori
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