Saverio Lodato e Giuseppe Antoci: testimonianze di lotta alla mafia e al “G. Tomasi di Lampedusa”
di Francesca Mondin
“La forza di Cosa nostra è ed è sempre stata la capacità di mantenere il rapporto con il potere”. Il magistrato Nino Di Matteo, pubblica accusa assieme a Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi nel processo trattativa Stato-mafia, è andato dritto al cuore del problema con i ragazzi dell’I.T.E.T. “G. Tomasi di Lampedusa”. Nella mattinata di ieri, gli studenti di Sant’Agata di Militello nell’incontro-dibattito “Il sistema mafioso: grave pericolo per la democrazia” hanno incontrato ed ascoltato le testimonianze di diverse personalità impegnate in prima fila nel contrasto alla criminalità organizzata. Tra cui l’avvocato Massimo Raffa, Daniele Manganaro, dirigente del commissariato di Sant’Agata di Militello, Sergio Granata, direttore responsabile di Am Notizie, Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi, Saverio Lodato, giornalista, scrittore ed editorialista di ANTIMAFIADuemila, Rosario Merenda, luogotenente dei carabinieri e componente della Dia di Palermo, Salvatore Bonferraro, sostituto commissario della polizia di Stato e componente della Dia di Palermo. Il magistrato Di Matteo ha messo in guardia i ragazzi:“Non cedete a chi vi vuole fare credere che il problema mafioso in Sicilia sia rappresentato solo dai criminali spietati che appartengono all’ala militare. La mafia è altro, nel dna della mafia siciliana - ha spiegato il pm alla platea di giovani - c’è sempre stato l’interesse di conservare e mantenere il rapporto con il potere politico, imprenditoriale, finanziario ed istituzionale”.
I casi più clamorosi portati ad esempio dal pm sono quelli di Giulio Andreotti e Marcello Dell’Utri. Il primo, ben sette volte presidente del Consiglio, almeno fino all’82 ha mantenuto rapporti con capi famiglia mafiosi, questo è stato accertato da una sentenza definitiva anche se poi il reato è stato prescritto. Il secondo invece, sta scontando la pena per mafia perché considerato il trait d'union per almeno 18 anni tra i capi delle famiglie storiche mafiose e Silvio Berlusconi. Senza dimenticare gli “ultimi fatti e processi che hanno coinvolto i presidenti della regione Sicilia”.
Anche lo scrittore Saverio Lodato, nell’offrire ai ragazzi un excursus storico della consapevolezza del fenomeno mafioso negli ultimi 40 anni, ha sottolineato che “a distanza di tutto questo tempo non si è riusciti a sconfiggere la mafia perché Cosa nostra è un organizzazione che ha mantenuto i rapporti con il mondo istituzionale”. Ecco perché “per chi perseguiva i mafiosi dell’ala militare c’era l’appoggio della società ed oggi invece questi applausi non ci sono per chi” come il pm Nino Di Matteo e i suoi colleghi “sta cercando di scoprire quali sono state negli anni queste complicità. Non troverete mai un uomo politico di alto livello che accetterà volentieri di parlare del significato ed importanza del processo trattativa Stato-mafia” ha denunciato il giornalista.
Di fronte a questo quadro drammatico ma reale, tutti gli ospiti intervenuti al dibattito, hanno invitato i ragazzi a impegnarsi nel cambiamento e credere nel senso morale ed etico di ogni lavoro. Ed un chiaro esempio quello del presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci che, insediatosi nel 2013, ha deciso di rompere il sistema mafioso che per molto tempo aveva monopolizzato la gestione dei terreni demaniali facendo incassare alle cosche i contributi europei illegalmente. Decisione che non è piaciuta alle cosche visto che il 18 maggio di quest’anno Antoci è stato vittima di un agguato dal quale però è uscito illeso. Antoci ha testimoniato ai ragazzi l’importanza di concepire in modo etico il proprio ruolo: “Questa è una terra che non deve aver bisogno di eroi, è una terra che ha bisogno di una società che non pensi che per fare il proprio dovere una persona deve perdere la libertà o essere ammazzata. Fare il proprio dovere è normale”. Portando la testimonianza del suo lavoro e del caso del parco dei Nebrodi l’amministratore ha fatto comprendere ai giovani come la mafia e la connivenza con essa sono un fenomeno che direttamente o indirettamente interessano e danneggiano ogni persona.
Ecco perché il pm Nino Di Matteo ha sottolineato quanto importante sia il contrasto alla corruzione in questa lotta alla mafia: “Dobbiamo fare un salto di qualità e renderci conto che la mafia e la corruzione sono due aspetti del medesimo sistema criminale”. Se da una parte questo significa che “la politica cambi e metta al primo posto nella sua agenda la lotta al sistema e metodo mafioso” dall’altra parte, il magistrato ha invitato ogni ragazzo a farsi portatore di una “rivoluzione culturale che contrappone ai valori della mafia i valori veri e umani” perché solo grazie a questa consapevolezza e impegno civile sarà possibile un cambiamento reale.
Saverio Lodato ha invitato già da subito i ragazzi a schierarsi: “Voi essendo nati in questo territorio dovete scegliere da che parte stare. Io credo che fin quando avremmo persone che danno l’esempio quotidianamente noi dobbiamo fare di tutto perché questi uomini fuori dalla norma vengano messi nelle condizioni migliori di lavorare”.
“Andate a scovare quello che la grande stampa non vi dice così da farvi una vostra idea, non delegate ad altri la gestione del vostro futuro - ha concluso il magistrato Di Matteo -. Occuparsi della polis è una delle attività più nobili di cui un uomo possa occuparsi ma se i più idealisti si rassegnano a lasciarla nelle mani degli speculatori siamo noi che permettiamo che la politica diventi una cosa sporca”.
Di Matteo: ''La mafia si sconfigge tagliando i rapporti con il potere''
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