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12di Aldo Cecconi - Video
Familiari, avvocati di parte e parlamentari con le mani libere pressano le istituzioni politiche, entrando direttamente in casa loro, perché sollecitino altre istituzioni, quelle giudiziarie, nell’attivare nuove indagini che restituiscano finalmente la verità.

È dal cuore delle istituzioni democratiche e repubblicane che viene lanciato il nuovo ed ennesimo appello per fare luce sull’omicidio del giovane medico Attilio Manca. L’occasione è la presentazione del libro “La mafia ordina suicidate Attilio Manca” di Lorenzo Baldo, edito da Imprimatur, avvenuta ieri nella Sala Aldo Moro di Montecitorio.

Familiari, avvocati di parte e parlamentari con le mani libere pressano le istituzioni politiche, entrando direttamente in casa loro, perché sollecitino altre istituzioni, quelle giudiziarie, nell’attivare nuove indagini che restituiscano finalmente la verità sul caso Manca, per dodici anni occultata da falsità e depistaggi. Sotto accusa è la Procura di Viterbo e nella fattispecie i due pm Petroselli e Pazienti che liquidarono il caso del ritrovamento della vittima nella sua casa di Viterbo, dove esercitava, come un suicidio per overdose.



Attilio non era un tossicodipendente – ricorda il fratello Luca Manca – ed essendo mancino non poteva iniettarsi nulla sul suo braccio sbagliato. Un evento curioso, che diventa un evento sinistro. Questo deve essere appurato in maniera incontrovertibile – prosegue il fratello – e riconosciuto come una mala vicenda giuridica che ha dato adito a tralasciare anche i risvolti del delitto mafioso che occulta.

Attilio Manca, urologo in ascesa nel panorama medico italiano, è stato citato da diversi pentiti di mafia, depositate agli atti della Procura di Messina, come il medico che “dovette” curare Bernardo Provenzano nella rocambolesca e  paradossale latitanza del capo dei capi in quel di Marsiglia.

Il libro di Baldo – sottolinea la madre Angela Manca, in collegamento web – ripercorre la vicenda giudiziaria ma soprattutto la storia personale di Attilio, restituendo il ritratto di un ragazzo che non meritava di essere infangato e calunniato. Rinnova inevitabilmente però anche l’amarezza per il silenzio delle istituzioni e della stampa. Tante le bugie, troppi gli sbagli e  le omissioni, forse volontarie ma sicuramente negligenti, perpetrate da chi doveva garantire giustizia. Non a caso l’on. Paolo Bolognesi – nel suo intervento – definisce il caso Manca come un depistaggio clamoroso, il più moderno, frutto di una lunga serie di depistaggi osservati a partire dalla strage di Bologna, di cui si occupa da anni. I depistaggi giudiziari – sottolinea Bolognesi - sono una “calunnia pluriaggravata” sulle molte non verità italiane, che finalmente è stata riconosciuta come reato. Il 2 agosto sarà introdotto nel codice penale il reato di frode in processo penale e depistaggio, promosso a prima firma proprio dall’on. Bolognesi.



E ai depistaggi hanno dato rilievo, non solo in questa occasione ma nero su bianco, i legali della famiglia, Antonio Ingroia e Fabio Repici, nell’esposto-denuncia depositato alla Procura di Roma. Perché quello di Manca è stato un “delitto di Stato” – ha dichiarato Ingroia – e non una vicenda giudiziaria di serie B. Una verità misconosciuta che vuole continuare a coprire la oramai riconosciuta Trattativa Stato-mafia. “Manca è stato vittima di uno Stato criminale, stritolato dalla rete mafiosa-statale che preservava l’ambasciatore Provenzano in quanto garante della Trattativa – ha continuato Ingroia. Qui, dentro il Parlamento dobbiamo confrontarci, come oggi, sui delitti di Stato, perché sono una questione prima di tutto democratica e poi anche giudiziaria”. Eloquente è però il richiamo  di Ingroia alla Procura Nazionale Antimafia e alla Commissione Parlamentare Antimafia perché non si ignori più il silenzio e l’omologazione che tanta magistratura ha avuto nel cedere al primato della politica sulle inchieste mafiose e perché si restituisca ai magistrati d’assalto gli onori del coraggio e i diritti della loro autonomia. Le due istituzioni al vertice della guerra alla mafia dovrebbero fare da apripista  a sostegno della magistratura ed evitare che l’intraprendenza porti solo a bocciature che hanno il gusto di manomissioni innescate ad orologeria. Dietro alla vicenda Manca si scorge a chiare lettere – dichiara l’avv. Fabio Repici – il sistema deviato di un Paese che ha avuto sede a Barcellona Pozzo di Gotto. Un territorio, che fino a Messina, è stato decisivo nell’intreccio di deviazioni tra mafia, massoneria, Stato. La condanna per “dossieraggio” del Procuratore Generale di Messina, Antonio Franco Cassata,  ne è l’eclatante emblema nazionale – ha ricordato Repici.

La cronaca degli interventi si è conclusa con le dichiarazioni di impegno, degli onorevoli Giulia Sarti e Giuseppe Lumia della Commissione Parlamentare Antimafia,  date dinanzi ai familiari e ai legali di Manca, di proseguire con il lavoro di indagine, in collaborazione con le procure coinvolte, per poter sollecitare la capacità di collegare il brutale assassinio di Attilio con le vicende mafiose esposte oggi e brillantemente dettagliate nel libro di Baldo. “Useremo tutti i poteri che la Commissione ha. Non ci fermeremo” – ha sentenziato Lumia. 

Tratto da: lottaquotidiana.it

Foto © ACFB

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