di AMDuemila
Sarà risentito anche il testimone Massimo Ciancimino al processo per l'uccisione del chirurgo Sebastiano Bosio, assassinato a Palermo il 6 novembre 1981 e per il quale unico imputato è il boss Nino Madonia, ex reggente del mandamento di Resuttana, territorio dove è accaduto il fatto, e assolto in primo grado.
Dopo le ultime dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che hanno gettato nuova luce sull'omicidio del medico che non acconsentì ai trattamenti speciali concessi ai boss mafiosi nell'ospedale Civico di Palermo, nel dibattimento d'appello sarà ascoltato anche il figlio di don Vito, ex sindaco mafioso di Palermo, a causa del cambiamento nel compendio probatorio rispetto al processo di primo grado. La richiesta dell'accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Domenico Gozzo e dall'avvocato dello Stato Ignazio De Francisci, è stata accolta dalla corte d'Assise d'Appello presieduta da Biagio Insacco. Unico ad opporsi era stato il legale difensore di Madonia, l'avvocato Marco Clementi, mentre si erano associati alla richiesta l'Ordine dei medici, i legali Carmelo Miceli e Fausto Amato, avvocati della moglie di Bosio e della figlia Silvia e l'avvocato Roberta Pezzano per Liliana Bosio.
Il padre di Massimo Ciancimino, secondo il racconto del figlio agli atti delle indagini e del processo di primo grado, considerava Bosio uno "sbirro" in quanto aveva denunciato la poca trasparenza su alcune circostanze al Civico di Palermo. Silvia Bosio, una delle figlie del medico, aveva riferito di essere stata avvicinata da Vito Ciancimino, il quale le disse che il padre non si era comportato bene con "un amico di un amico" e aggiungendo di ricordarsi che Ciancimino era "corleonese". Le indagini sul caso Bosio erano state riaperte tra il '95 e il '96, per poi essere archiviate e nuovamente riaperte dal pm Sava nel 2005. Nel corso del dibattimento Ciancimino junior aveva dichiarato: "Mio padre mi disse di avere appreso dal suo amico Bernardo Provenzano che a uccidere il chirurgo Sebastiano Bosio nell'81 era stato Nino Madonia, lo stesso che uccise Libero Grassi".
Tra i pentiti che hanno già deposto al processo d'appello anche l'ex mafioso di San Giuseppe Jato Giovanni Brusca, il quale aveva raccontato che "boss come i Madonia, che comandavano su tutta Resuttana, difficilmente potevano essere all’oscuro di un omicidio tanto eccellente”. Il processo che vede il capomafia come imputato aveva preso il via nel 2011, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero della Dda Lia Sava, dopo la perizia dei carabinieri del Ris sui proiettili usati dai killer. La pistola calibro 38 usata per il delitto Bosio, infatti, sarebbe stata la stessa adoperata sette mesi dopo, il 5 giugno 1982, per uccidere due meccanici di Passo di Rigano, Francesco Chiazzese e Giuseppe Dominici. Un duplice assassinio per il quale Madonia è stato condannato. Inizialmente l'inchiesta stava per essere archiviata a causa della mancanza dei riscontri, poi il gip ha chiesto nuove indagini e sono stati ritrovati i proiettili, rinchiusi per anni all'interno di una cassaforte dell'istituto di Medicina legale del Policlinico.
Foto a destra © Giorgio Barbagallo