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di Rino Giacalone
Intercettati, si sfogano: “Ci fa arrestare tutti e pensa solo ai fatti suoi”

Durante le indagini per un omicidio di mafia commesso nel 2009, gli inquirenti si sono trovati ad ascoltare scottanti conversazioni fra pezzi da novanta che contestavano pesantemente il boss dei boss, Matteo Messina Danaro, latitante dal 1993, picciotto cresciuto alla scuola di Totò Riina, accusato senza mezzi termini di non fare abbastanza per proteggere i membri della Famiglia, quando finiscono in disgrazia o vengono arrestati. Dentro Cosa Nostra, è una situazione rarissima. Non capita quasi mai che qualcuno si permetta di contestare apertamente il ruolo e i comportamenti del Capo.



Che cosa può succedere dentro Cosa Nostra, se c’è chi si permette di criticare il Capo? Stanno forse cambiando le gerarchie? Si chiamano Giuseppe Tilotta e Giuseppe Bongiorno i due boss beccati a sparlare di Matteo Messina Danaro e di come vanno le cose nella Grande Famiglia mafiosa. Tilotta, soprattutto, non è uno da poco, essendo un boss che partecipa anche ai summit della Cupola. Bongiorno, invece, è un uomo suo, in pratica un tirapiedi, che ascolta senza mai contraddire le sfuriate del suo capo. Anche Tilotta svela inconsapevolmente, durante qualche telefonata, i moventi e i killer dell’omicidio del 2009, sul quale carabinieri e polizia stanno indagando. Ma soprattutto se la prende con Matteo Messina Danaro. Si lamenta che adesso l’organizzazione ti fa lavorare sulla rumenta e poi ti lascia da solo. Un tempo non era così, dice. «Ti fanno fare lo sciacquino, tutte cose senza mangiare né bere, poi ti arrestano... te la mettono in c... loro si fanno i cazzi loro e tu l’hai presa solo in c...? Ma per che cosa?».
«Non conviene parlare con nessuno se no ti ritrovi in galera e nessuno si occupa di te». Tilotta s’è portato avanti. Tutta colpa di Matteo Messina Danaro: «Ma anche questo... che minchia fa? Un cazzo! Si fa solo la minchia sua... e scrusciu nun ci deve essere!». Sono le proteste di chi vuole si ritorni alla mafia vecchia maniera: «Arrestano i tuoi fratelli, le tue sorelle, i tuoi cognati e tu non ti muovi? Ma fai bordello! Minchia, svita a tutti... inc... inc... uscite tutti fuori sennò vi faccio saltare!».
Ma il boss resta uccel di bosco, nessuno sa dove si trovi, e la leggenda popolare racconta che si nasconda portandosi dietro il figlio segreto, Francesco. Nella sua cosca, però, proprio non si fidano. «Io sono del parere che questo qualche giorno, a meno che non l’abbia già fatto, prende e si ritira. E sa dove minchia se n’è andato».

Tratto da: La Stampa 1° dicembre 2015

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