I giudici hanno escluso l'aggravante del ruolo di capo promotore
di AMDuemila
L'avvocato Rosario Pio Cattafi è un mafioso, ma non un capomafia. E' questo il giudizio della Corte d'appello di Messina, presieduta da Francesco Tripodi, che ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado, condannato l'avvocato barcellonese a 7 anni di reclusione nel processo scaturito dall'operazione "Gotha 3". I giudici hanno così escluso l'aggravante del ruolo di capo promotore, e riconoscendolo comunque colpevole, in quanto semplice affiliato, per le condotte tenute sino al 2000, arrivando così a una condanna inferiore rispetto ai 12 anni che erano stati inflitti in primo grado nel giudizio abbreviato (grazie alla riduzione di un terzo della pena per il rito).
Sedici anni di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso e due anni per l’accusa di Calunnia ai danni del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano e del suo legale Fabio Repici: 18 anni, poi ridotti di un terzo. La Corte d’Appello ha confermato la condanna per calunnia. Ovviamente per comprendere appieno i motivi che hanno indotto i giudici ad emettere la sentenza si dovrà attendere il deposito delle motivazioni. Certo è che Cattafi era accusato di essere il capo della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto e di aver tenuto, in questa veste, i contatti con le famiglie di Cosa nostra catanese e palermitana. A tirarlo in ballo erano state le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia come lo stesso Bisognano e Carmelo D'Amico.
A chiusura della sua requisitoria il Pg Salvatore Scaramuzza, in tutte le udienze affiancato dai PM della Dda Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, aveva chiesto la conferma della condanna a 12 anni inquadrando Cattafi come il “'motore apparentemente immobile', considerato uomo chiave dei rapporti tra servizi, istituzioni e criminalità e accusato di riciclare denaro di Cosa Nostra”. La Corte d'Appello ha inoltre confermato la sentenza per gli altri imputati considerati boss e fiancheggiatori della famiglia mafiosa barcellonese: Giuseppe Isgrò, 7 anni e sei mesi, Tindaro Calabrese, 6 anni e quattro mesi, Giovanni Rao, 5 anni e otto mesi, e Carmelo Trifirò, 4 anni e otto mesi. Solo per Agostino Campisi i giudici hanno modificato la condanna prevedendo la continuazione con un'altra sentenza.
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