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giuffre antoninoI verbali del pentito depositato al processo sull'omicidio del confidente
di Aaron Pettinari
Bernardo Provenzano sarebbe stato informato sul ruolo di confidente svolto da Luigi Ilardo, boss mafioso di spicco della famiglia di Caltanissetta cugino del capomafia Giuseppe Piddu Madonia, direttamente dall'ambiente giudiziario del tribunale nisseno. A dichiararlo è il pentito Nino Giuffrè, interrogato lo scorso dicembre dai pm Pasquale Pacifico e Rocco Liguori, titolari dell'inchiesta sui mandanti occulti dell'omicidio compiuto davanti casa la sera del 10 maggio 1996, a Catania, in via Quintino Sella.
Il verbale è stato depositato al processo sull'omicidio che vede imputati Giuseppe Madonia, capo della famiglia di Caltanissetta, Maurizio Zuccaro, Benedetto Cocimano e Enzo Santapaola, esponenti di spicco di Cosa Nostra catanese.

Ilardo non era uno qualunque. Pochi mesi prima, il 31 ottobre del 1995, aveva fornito al colonnello del Ros Michele Riccio tutte le indicazioni sul covo di Bernardo Provenzano, in un casolare nelle campagne di Mezzojuso, vicino Palermo. Nonostante le indicazioni il blitz non venne realizzato e proprio questa vicenda è oggi uno dei punti cardine del processo d'appello che a Palermo vede imputati gli ex alti ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu. I due militari sono accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra per aver volontariamente fatto saltare il blitz di Mezzojuso.
Secondo quanto riferito da Giuffrè, che doveva essere sentito ieri in dibattimento, Bernardo Provenzano sapeva che Gino Ilardo era una "spia" dei carabinieri ancor prima del suo omicidio. Un dettaglio che aveva già riferito durante un'udienza del processo d'appello Mori-Obinu e che è particolarmente inquietante se inserito nell'ambito dell'organizzazione del delitto.
“Se la memoria non mi inganna – ha detto l'ex boss di Caccamo - mi disse in modo esplicito che era sicuro del fatto che Ilardo fosse un confidente perché la notizia gli era stata fatta dal Tribunale di Caltanissetta”. Uno “spiffero” di cui il pentito parlava già nel 2010.
Dichiarazioni che fanno il paio con quelle del colonnello Michele Riccio che aveva parlato proprio di una fuga di notizie sulla fonte “Oriente” proprio dagli uffici giudiziari di Caltanissetta.
Giuffré, alla domanda dei pm sul perché non avesse riferito prima certe circostanze ha risposto dche “evidentemente ho messo a fuoco la circostanza dopo l'ultima volta che ho parlato con Scarpinato (magistrato, ndr)".
Il pentito ha detto di aver parlato con Provenzano di Ilardo nell'inverno del 1995 ma ha aggiunto di non sapere chi fosse la fonte delle informazioni, ma di sapere “con certezza che Piddu Madonia aveva degli agganci all'interno del Tribunale di Caltanissetta”.
"Provenzano era molto preoccupato – ha riferito ai pm catanesi - e ci invitava a stare molto attenti a non essere pedinati e alle telecamere e microspie. Era diventata una preoccupazione quasi maniacale". Il boss corleonese avrebbe chiesto a Giuffrè di evitare anche di andare al rifugio di Mezzojuso poi gli affidò il compito di uccidere Ilardo avvalendosi per il delitto dei fratelli Michele, Franco e Placido Pravatà.
Giuffré aveva già pianificato ogni cosa, anche il luogo doveva essere ucciso. “Il luogo doveva essere il mio mandamento perché lo conoscevo meglio. Optammo per Sclafani Bagni perché facilmente accessibile da più strade” ha detto il collaboratore di giustizia. Quel progetto, però, non venne attuato e Ilardo fu ammazzato a Catania. Secondo quanto scritto dal Gip Marina Rizza nell'ordinanza di custodia cautelare "l'uccisione di Gino Ilardo avrebbe subito un'accelerazione" dopo la riunione a Roma in cui il confidente espresse la volontà di diventare collaboratore di giustizia.

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