Era accusato di essere il basista dell'attentato che costò la vita a 5 persone
di Aaron Pettinari - 27 giugno 2015
“Assolto, per non aver commesso il fatto” ai sensi del secondo comma dell'art.530 del codice di procedura penale (ovvero la vecchia insufficienza di prove, pre riforma). E' questa la formula con cui i giudici della prima Corte d’Assise hanno annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di Filippo Marcello Tutino, il 7 gennaio 2014, per concorso in strage pluriaggravata dalla finalità di terrorismo e da quella di agevolare l’attività della mafia siciliana. Secondo l'accusa Tutino era il “basista” della strage di via Palestro in cui, il 27 luglio 1993, persero la vita 5 persone (il vigile Alessandro Ferrari, i pompieri Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, e Moussafir Driss) e rimasero ferite altre 12. A dare impulso all'indagine da cui è scaturito il processo contro Tutino erano state le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza.
Secondo il pm di Milano Paolo Storari, che aveva chiesto la condanna all’ergastolo, Tutino avrebbe partecipato al furto dell’auto e avrebbe fornito supporto logistico agli esecutori materiali, “in quanto conoscitore della città di Milano”, dove aveva vissuto tra il ’91 e il ’92. Secondo il pm la strage si inseriva “nella più ampia strategia stragista che andava da Capaci, passando per via D’Amelio, via dei Georgofili, l’attentato a Maurizio Costanzo e il fallito attentato allo stadio Olimpico“. In questa vicenda di via Palestro, aveva aggiunto il pm, “nessuno ha parlato, sono rimasti tutti zitti, tranne Spatuzza le cui dichiarazioni come ‘traccia’ su questa come su altre vicende, come è stato dimostrato negli anni, sono attendibili e riscontrate”.
Nella sua arringa l'avvocato Flavio Sinatra aveva evidenziato che il suo assistito veniva ritenuto un "instabile" da parte dei Graviano che per un periodo lo punirono spostandolo da Palermo a Milano e dunque non aveva senso che fosse lui il prescelto per compiere azioni così delicate come quelle che l'accusa gli contesta. Secondo la tesi di Spatuzza invece, a Tutino venne offerto un ruolo nell'attentato proprio per “riabilitarsi”. Inoltre, per il legale, i morti nella strage sarebbero stati un “incidente di percorso”. “La strage – ha detto - prevede il dolo specifico (cioè l'intenzione in questo caso di uccidere, ndr) che non sussiste dal momento che lo stesso Spatuzza aveva spiegato l'intenzione di danneggiare i monumenti da parte di Cosa Nostra ma non, in quella fase dell'offensiva mafiosa, di attentare alla vita delle persone”. A questa considerazione aveva replicato lo stesso pm: “Mettendo dell'esplosivo a Milano a luglio cosa pensava che succedesse, Tutino? Poi non poteva sapere se sarebbero morte cinque o dieci persone, ma dire che non mettesse in conto di ammazzare qualcuno è un insulto all'intelligenza”. Nonostante ciò la Corte non ha ritenuto che gli elementi fossero sufficienti per arrivare ad una condanna. Tutino resterà comunque in cella ad Opera per la condanna inflitta dal gup di Palermo a 10 anni e otto mesi di reclusione per essere un affiliato alla famiglia mafiosa dei Brancaccio. Nel giudizio si erano costituite parti civili anche i familiari delle vittime, il Comune di Milano e la Regione Lombardia.