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lombardo-antoninodi AMDuemila - 7 aprile 2015
Dall'omicidio Pecorelli a quello del colonnello Russo, passando dai rapporti della Cia con la mafia corleonese. Erano questi alcuni degli argomenti che il boss Tano Badalamenti aveva affrontato con il maresciallo Antonino Lombardo (in foto) prima che questi si suicidasse il 4 marzo 1995. Sulla morte di quest'ultimo i pm del pool Stato-mafia Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, coordinati dall’aggiunto Vittorio Teresi, hanno riaperto l'inchiesta dopo che il figlio di Lombardo, Fabio, si è recato in Procura consegnando anche alcuni documenti.

Tra questi anche una lettera, ricevuta da un collega di Lombardo che per il momento preferisce mantenere l'anonimato, che avrebbe raccolto le ultime confidenze del padre.
A lui Lombardo avrebbe rivelato dell'esistenza di una lettera inviata da Badalamenti “pervenuta tramite il suo avvocato italiano, nella quale metteva in guardia su alcuni superiori, dicendo che per motivi politici sono legati a strani personaggi”. Ma c'è anche dell'altro. Badalamenti era disposto a proseguire i colloqui, scrivendo che se si fosse stati attenti “potrebbero venir fuori informazioni molto importanti, tra cui novità sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro”.
Quella lettera del boss di Cinisi non fu mai ritrovata dal figlio Fabio Lombardo ma che vi fosse un rapporto tra il padre e lo stesso capomafia è cosa nota e viene testimoniato anche dai viaggi compiuti il 14 ottobre ed il 12 dicembre del 1994 si è recato due volte in missione negli Usa, accompagnato dal maggiore Mauro Obinu, per incontrare Badalamenti nel carcere di Fairton (New Jersey). “Riina - raccontò allora il boss a Lombardo - è manovrato da forze esterne a Cosa nostra. È malato e stupido, ma non innocuo”. E alla fine di quel colloquio disse anche di essere disponibile a deporre ad alcuni processi italiani “seppur non come pentito”. Di quel dialogo parlò lo stesso Obinu il 4 novembre 1998 al processo Pecorelli: “Badalamenti spiegò che la manovra del suo arresto sarebbe stata attuata per dare spazio operativo agli emergenti corleonesi e ai loro nascenti contatti politici il capomafia ha espressamente citato la Cia come possibile soggetto attivo di tale iniziativa, in sintonia con centri di potere italiano”.
Nonostante la disponibilità dimostrata da Badalamenti, però, il terzo viaggio programmato per il 26 febbraio per prelevare il boss di Cinisi non verrà mai effettuato. Addirittura tre giorni prima in diretta televisiva alla trasmissione di Michele Santoro, Tempo Reale, i sindaci di Palermo (Leoluca Orlando) e quello di Terrasini (Manlio Mele) accusarono, seppur senza fare nomi e cognomi, il sottoufficiale di “stare dalla parte della mafia”. Lombardo da parte sua sporse persino querela. Quell'esposizione mediatica convinse l'arma a non far partire più il maresciallo alla volta degli Usa e al suo posto fu mandato da don Tano Giuseppe Scibilia (fedelissimo di Mori al Ros). Ma il boss da quel momento si rinchiude in un silenzio che lo accompagnò fino alla sua morte il 29 aprile 2004.
Fabio Lombardo ai pm ha ricordato che il padre si sentiva “scaricato” dai superiori ed anche in pericolo (il 25 febbraio venne trovato incaprettato Francesco Brugnano, il confidente che avrebbe fornito indicazioni sul clan dei Ganci e sul ruolo che quest'ultimi avevano per la latitanza di Riina).
Poi, il 4 marzo, il colpo di pistola in macchina nel cortile della caserma. Trovò il tempo anche di lasciare un biglietto in cui era scritto: “Mi sono ucciso per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto e principalmente per non mettere in pericolo la vita di mia moglie e i miei figli che sono tutta la mia vita. La chiave della mia delegittimazione sta nei viaggi americani”.
Ed è da qui che ripartono ora le indagini. Dai documenti portati dal figlio ma anche dalla ricostruzione di quel periodo storico.

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