di AMDuemila - 19 dicembre 2014
Matteo Messina Denaro è ancora latitante ma una nuova squadra, formata da poliziotti e carabinieri, è già pronta per mettersi sulle tracce del boss di Castelvetrano, ricercato da oltre vent’anni. Una inedita task force, scrive Repubblica, che ha come obiettivo porre fine alla latitanza dorata del capomafia trapanese. Resa ufficiale ieri mattina nel tribunale palermitano la nascita del gruppo investigativo, da parte del direttore del Servizio centrale operativo della polizia Raffaele Grassi e del comandante del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri Mario Parente. All’incontro, sancito dalla firma di una lettera d’intenti, ha preso parte anche Teresa Principato, procuratore aggiunto a Palermo. La decisione di costituire la nuova squadra è stata fortemente appoggiata anche dal capo della polizia Alessandro Pansa e dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri Leonardo Gallitelli.
Nel gruppo sono entrati a fare parte circa 160 persone che negli anni precedenti si sono occupate di Messina Denaro, appartenenti alle squadre mobili di Palermo e Trapani, allo Sco, al Ros ed al comando provinciale dei carabinieri di Trapani. Tutti riuntiti per studiare nuovi filoni investigativi, intercettazioni, pedinamenti. E infatti il metodo di lavoro sarà improntato sul lavoro di squadra, quella visione d’insieme del fenomeno mafioso di cui Giovanni Falcone fu il promotore e che caratterizzò il lavoro dello storico pool antimafia di cui fece parte anche Paolo Borsellino.
Secondo la Principato le storiche rivalità tra polizia e carabinieri sono finite: “Non ci saranno più percorsi di indagine autonomi. Tutto verrà messo in condivisione: le vecchie e le nuove acquisizioni che arrivano ogni giorno". Il magistrato parla di “percorso unitario”, imprescindibile quando si tratta di “un'indagine complessa come quella su Matteo Messina Denaro” dato che il boss trapanese “gode ancora di forti complicità, non solo nella borghesia trapanese, ma molto più in alto". Messina Denaro, aggiunge la Principato, “è un latitante moderno, ma nel solco della tradizione” e anche se si muove e viaggia molto “non può fare a meno di tornare nel suo territorio per governarlo”. A provarlo anche le diverse operazioni che hanno portato in carcere familiari, fiancheggiatori e prestanome che tutelavano la sua latitanza e l’impero economico. Lo scorso dicembre una maxioperazione aveva portato all’arresto di trenta soggetti, tra cui la sorella Patrizia Messina Denaro, che comunicava gli ordini del fratello dentro e fuori dal carcere.