di Aaron Pettinari - 8 dicembre 2014
Tangenti, truffe, corruzione, affari “bipartisan” con la politica. L'inchiesta sulla Mafia Capitale della Procura di Roma, che ha portato all'arresto di 37 persone, ha scoperchiato un vaso di Pandora che man mano sta portando alla luce una storia che va oltre ad ogni “Romanzo criminale” possibile. A Roma tutto ruota attorno a Massimo Carminati, il “guercio” per via dell'occhio occhio perso in seguito a una sparatoria con la Digos, l’ex Nar amico e compagno di scuola di Giusva Fioravanti, accusato di avere legami con la Banda della Magliana.
Se Carmenati può essere definito come il “Signore”del “Mondo di Mezzo”, tra i suoi pari figura anche un riferimento forte già accusato di essere stato in passato anello di congiunzione tra la Banda della Magliana e Cosa nostra, ovvero Ernesto Diotallevi (in foto). Quest'ultimo, assieme a Giovanni De Carlo, stando a quanto riportato nelle carte, è ritenuto il referente della mafia siciliana nella capitale.
Fu il collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi a riferire dei rapporti di Diotallevi con Pippo Calò (“Diotallevi era compare di Calò... suo pupillo... fu “combinato” da Calò”) e lo stesso ha fatto Francesco Marino Mannoia. E la Procura romana avrebbe trovato alcuni riscontri con un'intercettazione ambientale del 2012 quando Diotallevi, parlando il figlio Leonardo, si definisce come l'attuale boss di 'Cosa Nostra' su Roma. (“Leonardo: ma chi è oggi il super boss dei boss... quello che conta più di tutti? - chiede al padre - Ernesto: teoricamente sò io...teoricamente”). Una registrazione in cui emerge anche il ruolo di “Giovanni” (De Carlo) indicato come “colui che 'materialmente conta'”. Sempre in quella conversazione però il figlio voleva sapere non chi fose il capo della mafia a Roma ma della criminalità nazionale. E il padre risponde direttamente. “Ma per me, rimane Riina, chi vuoi che sia? Riina”. Il gip Flavia Costantini nell’ordinanza di custodia cautelare scrive che “La conversazione induce a ipotizzare che gli interlocutori abbiano fatto riferimento all’organizzazione criminale Cosa Nostra, che ancora vede a capo, nonostante sia detenuto, Salvatore Riina, per la regola per la quale in seno a tale organizzazione le qualifiche di uomo d’onore e le eventuali cariche all’interno dell’organizzazione permangono a vita”.
Gli affari di famiglia
Dalle intercettazioni a carico di Diotallevi e dei figli (Leonaro, appunto, e Mario) emergono, anche incrociandosi con ulteriori indagini, interessi per opere d'arte, interessi nel gioco d'azzardo, l'usura, ed importanti relazioni con soggetti della politica e delle forze dell'ordine, fino ad arrivare a figure vicine alla massoneria ed ai servizi segreti. Un esempio è l'appoggio all'ex Pdl, candidato sindaco di Fiumicino, Mauro Gonnelli. Uno che, a loro dire: “È talmente impiastrato di malavita che te sei una divinità per questo”. E Diotallevi aggiungeve: “Se diventa sindaco sai come piottamo. Me metto col fiato sul collo. C’è da arricchisse”.
Diotallevi, in un documento dei carabinieri, identifica poi in De Carlo, legato anche al camorrista Michele Senese, “quale soggetto dotato di particolare caratura criminale”, personaggio “‘trasversale’ (“gioca su tutti i tavoli’) e capace, ad oggi, di ‘contare materialmente’ nel panorama criminale romano”. E nelle carte dell'inchiesta vi sono anche accenni a contatti con il clan dei Santapaola, quello dei Senese e con la ‘Ndrangheta. Del resto l'universo degli appalti fa gola a tutte le mafie. Per arrivare in alto si dovevano tessere importanti tele. Con Gonnelli, la famiglia Diotallevi era sicura di aver “agganciato” anche il maresciallo della Finanza, Giuseppe Volpe. Ma il Ros scrive anche che “Mario Diotallevi è apparso il più attivo nella ricerca dei contatti nel mondo della massoneria e degli appartenenti del mondo dei servizi segreti che potessero avvantaggiarlo nella sua attività di faccendiere”. Vi sono anche riferimenti a rapporti, veri o millantati, con un tale “Paolo”, colonnello della guardia di Finanza e “futuro capo della sicurezza in Vaticano”. A questi si aggiungono anche contatti con Fabio Carignola “uomo della polizia e dei Servizi”, o con “Giuseppe della Cia” che propone “biglietti da un milione di dollari”.
I Servizi con Carminati a libro paga
I contatti tra soggetti del “Mondo di Mezzo” ed i servizi sono stati anche raccontati da due ex poliziotti, Gaetano Pascale e Piero Fierro, che a Sky Tg24, hanno raccontato come “C’erano due figure al soldo e permanentemente ingaggiati dai servizi segreti, Carmine Fasciani e Massimo Carminati, e questa era una situazione che sapevano in tanti. Uomini dei servizi segreti che gestivano, o meglio consentivano a questi figuri di lavorare in maniera indisturbata pur di dare in cambio determinate informazioni. Questo era il sistema”.