di Francesca Mondin - 25 novembre 2014
Il figlio del boss Giuseppe Graviano “chieda, per la cresima, al padre non un orologio non una collana o una festicciola ma chieda il dono più grande che un padre possa dare al proprio figlio: quello della Verità”. A dirlo è Giuseppe Carini, stretto collaboratore di Don Pino Puglisi negli anni del centro Padre nostro, divenuto dopo l’omicidio di Puglisi testimone di giustizia per le dichiarazioni rese contro gli assassini del sacerdote.
Nei giorni scorsi il cardinale del capoluogo siciliano Paolo Romeo ha impedito al figlio di Giuseppe Graviano (mandante dell’omicidio di Padre Pino Puglisi avvenuto il 15 settembre 1993, ndr) di ricevere il sacramento della cresima nella cattedrale in cui è sepolto il prete. Un gesto che secondo il braccio destro di Don Pino Puglisi (in foto) sebbene non sia contrario al diritto canonico, “sul piano teologico pastorale è ineccepibile”.
Carini nella sua nota di commento ha centrato il punto focale della situazione, che non sta tanto nel far celebrare il sacramento al ragazzo in un’altra chiesa a livello privato come ordinato dal cardinale, ma nella coerenza, da parte di tutti i soggetti coinvolti, con il sacramento della cresima e l’amore alla fede.
“Il figlio di Giuseppe Graviano ha 17 anni, un'età che in un contesto familiare mafioso come quello dei Graviano pesa eccome - ha scritto il testimone di giustizia - il giovane chieda al padre "perché hai fatto uccidere don Puglisi?". “Giuseppe Graviano doni al figlio, "In amore alla fede”...la Verità”.
Carini ha ricordato anche il compito della società: “In amore alla fede e alla Verità sarà cura di tutta la comunità palermitana fare festa per il sacramento della cresima, della riconferma, del giovane Graviano.”
Nella sua riflessione, il testimone di giustizia ha richiamato all’attenzione anche la Chiesa, protagonista principale e con maggiore responsabilità in questo ambito.
“Ci si chieda chi sarà il "padrino" che accompagnerà il giovane Graviano...ci si chieda come è possibile che Giuseppe Graviano dichiari di essere povero tanto da dovere chiedere allo Stato il patrocinio gratuito e poi pagare le rette per il CEI.” (il figlio di Graviano frequenta il liceo nella scuola dei gesuiti Centro Educativo Ignaziano, ndr). Spetterebbe principalmente alla Chiesa infatti, come istituzione anche educativa, il compito di accompagnare questo ragazzo verso una strada che gli permetta di scegliere i valori cristici al posto dei disvalori mafiosi così come il compito di difendere e divulgare l’insegnamento di Don Pino Puglisi di andare contro la mafia e l’omertà. “Ci si interroghi - ha concluso Guiseppe Carini - sulla compostezza dei giudizi sul cardinale quando sino a pochi anni fa alla Chiesa veniva rimproverato il silenzio o l'indifferenza sul fenomeno mafioso”.
“In città è aperta la ‘caccia al Vescovo’ quando fuori dalla nostra Chiesa e dentro le nostre case c'è chi ancora gode dei soldi e dei privilegi dei padri. Senza averli mai di fatto rifiutati e consegnati allo Stato.”
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