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di AMDuemila - 31 ottobre 2014

Altra grande confisca per la famiglia Scinardo. La Dia di Catania e di Messina ha confiscato beni per una valore di 50 milioni di euro a Giuseppe Scinardo, alla moglie Annina Briga e alla figlia Carmela Scinardo. Così dopo la maxi confisca a carico del padre, Mario Scinardo, di 200 milioni di euro avvenute ad aprile di quest’anno con le operazioni “Belmontino” e “Malaricotta”, Giuseppe Scinardo si è visto confiscare tre aziende, tra società e ditte individuali (operanti nel settore della coltivazione e dell’allevamento di bovini e ovi-caprini), 324 terreni (per una estensione complessiva di circa 700 ettari) nei comuni di Militello Val di Catania (CT), Mineo (CT), Vizzini (CT) e Capizzi (ME); 33 fabbricati e 6 veicoli.
L’uomo, originario di Capizzi (ME), ma stabilitosi da tempo a Militello Val di Catania, secondo gli inquirenti farebbe parte della cosca mafiosa riconducibile al cosiddetto “Gruppo di Mistretta”, operante nella zona tirrenica-nebroidea della provincia messinese, e avrebbe avuto anche rapporti con Cosa nostra catanese.
Già dai primi anni ’90 infatti, Giuseppe Scinardo, secondo gli investigatori, era in stretti legami con Maria Rampulla e Pietro Rampulla, fratelli del capo di Cosa Nostra mistrettese, Sebastiano, oggi deceduto. Pietro Rampulla, condannato dalla corte d’assise d’Appello di Caltanissetta all’ergastolo è ritenuto l’artificiere della strage di Capaci, che preparò l’ordigno e il telecomando che vennero utilizzati per uccidere il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Di Cillo.

VIDEO Maxi sequestro della Dia. Il video(da catania.livesicilia.it)

FOTOGALLERY Mafia, maxi sequestro a Scinardo. Le immagini (da catania.livesicilia.it)


Gli stretti rapporti tra le due famiglie si sarebbero consolidate quando Tommaso Somma, cognato di Pietro Rampulla, durante la latitanza fu “ospitato” all’interno di un fondo rurale di Basilio Scinardo, fratello di Giuseppe. Nello stesso periodo, Scinardo Giuseppe si sarebbe avvicinato all’organizzazione di Cosa nostra operante nel calatino, facente capo a La Rocca Francesco e avrebbe favorito, secondo quanto accertato, la latitanza dell’allora reggente della famiglia catanese di cosa nostra, Di Fazio Umberto, divenuto poi collaboratore di giustizia.
Inoltre nelle proprietà dello Scinardo sarebbero stati fatti vari summit mafiosi che mettevano in contatto i Rampulla di Mistretta, i rappresentanti della famiglia di Caltagirone e della famiglia di Catania.
Il tutto è emerso dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia, tra cui Di Fazio Umberto e Mirabile Giuseppe, che avrebbero riferito anche dell’interesse degli Scinardo per le energie alternative e segnatamente del loro impegno, in accordo con cosa nostra, per lo sviluppo di progetti relativi a parchi fotovoltaici siti nella piana di Catania.
L’iter processuale che ha permesso l’esecuzione del decreto di sequestro emesso dal tribunale di prevenzione di Catania è durato oltre tre anni.

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