Puntata integrale
di AMDuemila - 31 ottobre 2014
Dell’“aut aut della mafia allo Stato” - emerso dall’audizione del Presidente della Repubblica al processo trattativa - si è parlato ieri negli studi di Servizio pubblico. Michele Santoro e Marco Travaglio hanno analizzato la testimonianza del presidente Giorgio Napolitano insieme agli ospiti della trasmissione: l’avvocato di Totò Riina Luca Cianferoni, l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, Sabina Guzzanti e, in collegamento da Palermo, Massimo Ciancimino.
Centrale, nel corso dell’udienza del Capo dello Stato, la lettera dell’ex consigliere D’Ambrosio. Di fatto due anni fa Napolitano scopre che il suo collaboratore teme di essere stato usato come “ingenuo e utile scriba” per “indicibili accordi”. “Uno normale – ha commentato Travaglio in studio – fa un salto sulla sedia e convoca D’Ambrosio”. Niente di tutto questo è però avvenuto.
“Per sapere quello che ha detto Napolitano ai giudici bastava leggere il Corriere due giorni dopo la bomba. Lo Stato ha vinto la battaglia con la mafia. Anche se ha dovuto trattare nell’interesse dello Stato, ha fatto bene. Benedetta sia la trattativa” ha dichiarato Sallusti attaccando la tesi accusatoria della Procura di Palermo. “Prima erano tutti negazionisti - ha ribattuto Travaglio – Dopo anni di accuse e battaglie contro la mafia, improvvisamente sono diventati tutti giustificazionisti: bene, hanno fatto bene, con la mafia si tratta”. “Qui lo Stato – ha poi proseguito - s’è legato le mani dietro la schiena e le ha date tutte vinte ai boss che avevano consegnato Riina e chiuso la trattativa: Provenzano e i suoi fedelissimi. Il generale Mori, ex capo del Ros dei CC, è imputato in appello (dopo l’assoluzione in I grado) perché nel ’95 poteva catturare Provenzano in un casale di Mezzojuso, grazie alla soffiata di un confidente, e invece - ha continuato - lo lasciò scappare. E questo si sa. Nessuno sa che due anni prima, nel ’93, il Ros aveva fatto la stessa cosa con Nitto Santapaola, boss di Catania, anche lui latitante e provenzaniano, e dunque intoccabile. Attenti perché è una storia da film, anzi da tragicommedia”.
Sulla revoca di oltre trecento 41bis all’indomani delle bombe del ‘93 per diversi mafiosi detenuti, decisione presa dall’ex ministro Conso “per vedere di fermare la minaccia di altre stragi” Claudio Martelli, sostituito proprio da Conso al Ministero di Grazia e Giustizia, ha ribadito: “Chi mi succedette decise di dare un appoggio moderato a Cosa Nostra per frenare le stragi”. In questo quadro la mancata perquisizione del covo di Riina all’indomani del suo arresto, ha detto Sabina Guzzanti, “è un episodio cruciale. E’ questo il nocciolo della trattativa” aggiungendo: “Violante e Giancarlo Caselli potrebbero dire molto di più”. “Penso che la perquisizione a Riina non ci sia mai stata. Riina non ha mai trattato con i Carabinieri” ha replicato Luca Cianferoni. Travaglio ha ribattuto: “Mori dice a Caselli ‘non perquisiamo il covo di Riina, sorvegliamolo’, ma poi lo abbandona”. Cianferoni ha risposto: “Mori ha messo in piedi una versione istituzionale. Erano tutti d’accordo”. E Travaglio: “Penso che Provenzano abbia consegnato Riina e sia diventato intoccabile per vent’anni”.
La trasmissione ha poi virato sulla questione dei colloqui tra servizi segreti e boss al 41bis, da ricollocare nel caso del “Protocollo Farfalla”, un patto segreto siglato con l’obiettivo di gestire ”riservatamente” le informazioni sensibili provenienti dai detenuti, tra cui il boss Sergio Flamia, che ha iniziato la sua collaborazione con i servizi segreti nel 2008. Soltanto che, ha precisato Travaglio, “i servizi segreti non possono incontrare detenuti senza informare magistrati” come invece è stato fatto.
Massimo Ciancimino in collegamento da Palermo è poi tornato sulla questione della calunnia all’ex capo della Polizia De Gennaro (per la quale è stato rinviato a giudizio) da lui accusato di essere il signor Franco, agente 007 secondo Ciancimino jr tra i protagonisti della trattativa: “De Gennaro era uno dei terminali sempre a conoscenza della trattativa”. Sallusti è di seguito intervenuto: “Abbiamo discusso per anni del signor Franco ma alla fine abbiamo scoperto che Franco era solo un barista”. Travaglio ha replicato: “E’ un equivoco clamoroso. Uno che sta vent’anni vicino a Vito Ciancimino non fa il barista, come minimo fa il ministro”.
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