Il pm parla anche del Protocollo farfalla: "Sconvolgente l'opera di inquinamento delle potenziali fonti di prova"
di Aaron Pettinari - 30 settembre 2014
"La paura che in questo momento possa esserci qualche atto eclatante purtroppo c'è". A lanciare l'allarme, intervistato alla trasmissione su Radio1 Rai, "Restate scomodi", è il giudice Alfonso Sabella. Secondo il magistrato quello attuale è "un momento in cui la mafia potrebbe compiere qualche atto eclatante e sparigliare le carte. Purtroppo è una possibilità. Non siamo negli anni
'90, non abbiamo una mafia così forte sul piano militare, comunque è sempre una mafia che ha il germe dello stragismo la violenza ce l'ha nel suo Dna".
Sabella, fino al 2001 Capo dell'ufficio ispettorato al Dap (anno in cui viene cacciato dal nuovo capo Giovanni Tinebra, ndr) ha poi parlato del "Protocollo farfalla": "Io ne avevo già sentito parlare diverso tempo fa: è purtroppo una delle tante operazioni mediante cui si entra all'interno delle carceri, si recuperano informazioni che in qualche modo vengono utilizzate per fini di cui l'autorità giudiziaria non è mai a conoscenza o meglio ne è a conoscenza in minima parte e solo in quella parte che chi acquisisce quell'informazione ha deciso di darti". "A me - aggiunge Sabella - non sconvolge tanto che si paghi un informatore perché dia le informazioni ai servizi segreti o alla polizia giudiziaria. Quello che a me sconvolge è il fatto che si agisca su delle possibili potenziali fonti di prova dell'autorità giudiziaria, inquinandola alla radice, e quando anni dopo o mesi o settimane, questi boss, hanno deciso di collaborare, probabilmente non erano più le stesse fonti di prova che potevano essere in passato nel senso che le loro dichiarazioni potevano essere state inquinate pilotate, indirizzate".