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di Aaron Pettinari - 23 settembre 2014
Ma il parlamentare dell'Ars non risulta indagato
“Cosa nostra ha dimostrato di produrre consenso elettorale producendo pacchetti di voti nella sua ricerca di potere puntando su determinati esponenti politici. Dalle intercettazioni emerge si è deciso di indirizzare consensi tra un esponente politico eletto in questo territorio e cosa nostra”. A dirlo è il procuratore aggiunti di Palermo Leonardo Agueci, intervenuto questa mattina alla conferenza stampa che ha illustrato l'indagine dei carabinieri che ha portato al fermo di cinque mafiosi del corleonese.
Il riferimento sarebbe a Nino Dina (esponente dell'Udc ed attuale presidente della commissione Bilancio dell'Assemblea regionale siciliana, ndr) anche se al momento il parlamentare non sarebbe indagato per voto di scambio in quanto i fatti che lo riguardano sono precedenti alla nuova formulazione del reato. “In base alla vecchia normativa - ha aggiunto Agueci - si prevedeva la contropartita economica che a noi, in questo caso, non risulta. Di fatto non c'è la prova che Cosa nostra abbia ricavato dei vantaggi in cambio del certo sostegno elettorale. Potendo ampliare la fattispecie, che ora parla genericamente di 'altre utilità' in cambio dei voti, probabilmente avremmo fatto valutazioni diverse”. All'interno dell'operazione “Grande passo”, coordinata dalla Dda di Palermo, emerge così un nuovo fronte sul rapporto tra mafia e politica.
Durante la fase di indagini su Antonio Di Marco, dipendente comunale di Palazzo Adriano dagli inquirenti ritenuto appartenente alla famiglia mafiosa di Corleone e supervisore della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano, gli inquirenti hanno raccolto elementi sulla partecipazione dello stesso esponente mafioso e dell'onorevole Dina (foto a destra) ad una riunione post-elettorale, il 19 maggio 2012, in un casolare. Non solo. In alcune intercettazioni Di Marco, parlando con il capofamiglia di Palazzo Adriano, Pietro Paolo Masaracchia, racconta di quando si sarebbe incontrato con il parlamentare Udc, con Vincenzo Vaiana e Nicola Gagliano (rispettivamente assessore e vice sindaco di Palazzo Adrianom ndr). Un incontro in cui il deputato gli avrebbe chiesto esplicitamente: “Nino che ne pensi tu di questa cosa?”. E Di Marco gli avrebbe risposto: “questi sono tutti picciotti buoni”. Quindi avrebbero fissato un incontro al rientro del deputato dalla città di Verona. Secondo gli investigatori sono almeno altri tre gli incontri nel 2012 che Di Marco e gli uomini della cosca corleonese organizzano a Palermo con Nino Dina: il 12 luglio, il 24 ottobre e il 3 dicembre. In altre intercettazioni, inoltre, gli appartenenti al clan affermano che il loro referente politico sia Nino Dina.
E in una non manca anche un riferimento all'ex presidente della Regione Totò Cuffaro, detenuto dal 2011. “C’è speranza, almeno a tutto quello che si capisce che Totò (ovvero Cuffaro, ndr) un altro anno dovrebbe uscire fuori. Perché tra buona condotta, tra appello che gli hanno fatto, ci potrebbe essere di nuovo questa speranza”. Poi Di Marco torna a raccontare il colloquio avuto con Dina. “Però mi ha detto, organizzati, dice, e vedi come dobbiamo fare. Gli ho detto tu, scuotiti questa camicia, gli ho detto quando è ora che tu devi andare a Palazzo Adriano me lo fai sapere, gli ho detto, che io, gli ho detto, parlo con i picciotti e loro ti fanno il piatto apparecchiato”. Ma Masaracchia vuole assicurazioni dell'interesse di Dina nei confronti della famiglia in caso di successo alle elezioni: “Però tu con Dina devi cercare di parlarci chiaro. Gli devi dire io Nino l’aiuto te lo da, però ricordati che poi io ti vengo a cercare”.
Non è la prima volta che il deputato viene accostato ad ambienti mafiosi. Nel 2009, nell'ambito dell'operazione Eos, alcuni boss vennero intercettati mentre discutevano di una busta con dei nomi per alcune assunzioni da consegnare proprio a Nino Dina. Ma il politico, così ripetevano i mafiosi intercettati, “ha detto per ora non possiamo fare niente. Più in là se ne può parlare”. All'epoca troppo poco per un processo tanto che l'indagine venne archiviata. Oggi, anche se non indagato, lo stesso Dina allontana da sé ogni accusa: “Leggo con apprensione e disgusto – dice il parlamentare in una nota – le notizie che vengono riportate dagli organi di stampa sull’operazione antimafia denominata Grande Passo perché mi sento coinvolto mio malgrado in circostanze e/o fatti destituiti da ogni fondamento. Per di più leggo con maggiore amarezza che vengono travisate e modificate da parte delle agenzie di stampa le parole e le dichiarazioni rese dal procuratore della Repubblica Leonardo Agueci che a chiare lettere riferisce di voti in gran mole andati ad un politico eletto nelle territorio di Palazzo Adriano che certamente non sono io che ho ottenuto solo 52 voti. È chiaro, quindi, che siamo di fronte a gravissimi travisamenti e distorsioni della verità. Per tutti gi altri aspetti, ed anche per la presenza nella mia segreteria politica di uno degli odierni arrestati potrò riferire subito anche ai magistrati anticipando che tale soggetto non è mai stato un mio referente politico e che darò anche evidenza dei motivi della sua presenza, fornendo dettagli appena concluderò le verifiche che ho avviato in segreteria”.
Foto in alto © ACFB
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