di AMDuemila - 12 giugno 2014
La Dia di Catania questa mattina ha confiscato beni per un valore di circa 1,5 milioni di euro riconducibili ad Angelo Santapaola - cugino del boss Benedetto Santapaola capo indiscusso della famiglia di Cosa Nostra Catanese “Santapaola-Ercolano” - ucciso nel settembre 2007 insieme a Nicola Sedici, ugualmente affiliato al clan. Il corpo, bruciato e con segni di colpi d'arma da fuoco, era stato ritrovato insieme a quello di Sedici quattro giorni dopo nelle campagne della piana di Catania. Per l'omicidio è stato riconosciuto Vincenzo Aiello, rappresentante provinciale della famiglia, in qualità di responsabile del delitto (e per questo condannato all'ergastolo) perpetrato allo scopo di fermare il comportamento troppo violento di Angelo Santapaola.
Il sequestro è costituito da 11 beni immobiliari situati a Catania e uno ad Augusta, nel siracusano, oltre a due auto e numerosi conti correnti bancari intestati al suocero del boss e alla moglie, Giuseppe e Grazia Corra. Il primo, insieme al cognato di Santapaola, Silvio Corra, a seguito del sequestro è stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per 2 anni e 6 mesi. Coinvolti nell'operazione “Arcangelo” (che ha permesso di acquisire nuovi elementi sui nuovi assetti del clan) i due sono stati condannati in primo grado rispettivamente a sei anni per riciclaggio e a sei anni e sei mesi per associazione mafiosa ed estorsione.
Le indagini di natura economico-finanziaria e patrimoniale riguardanti l’arco temporale compreso tra il 2000 e il 2011, che hanno rilevato la capacità reddituale di Santapaola e del suo nucleo familiare, hanno permesso di identificare una serie di beni a lui riconducibili, anche se formalmente intestati ai familiari. Le indagini hanno inoltre permesso di evidenziare la non corrispondenza tra il reddito dichiarato e il patrimonio di cui la famiglia era effettivamente in possesso, proprio perchè derivanti dalle attività illecite e delittuose commesse da Santapaola per conto del clan mafioso.
La confisca è frutto di una complessa attività investigativa svolta dalla Dia e coordinata dalla Procura di Catania diretta da Giovanni Salvi. Oggi, infine, il decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale catanese.