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ilardo-luigi0di Francesca Mondin - 21 marzo 2014
Il boss mafioso Vincenzo Santapaola, detenuto in regime di 41 bis a Novara, ha ricevuto ieri l'ordinanza di custodia cautelare in carcere in quanto accusato di essere stato insieme a Giuseppe Madonia il mandante dell'omicidio del confidente Ilardo. Il procedimento è stato reso esecutivo in seguito alla sentenza della Corte suprema di Cassazione che, diversamente dalla decisione del gip che precedentemente aveva rigettato la richiesta di misura cautelare nei confronti dell'indagato come mandante del delitto, ha respinto il ricorso dei difensori e confermato la misura disposta dal Tribunale del Riesame di Catania.

La figura di Ilardo è molto particolare perchè una volta uscito dal carcere diventò un infiltrato per la Dia all'interno dell'organizzazione mafiosa. Ilardo era diventato il confidente di Michele Riccio, esponente dei Ros a cui faceva capo Mario Mori, nelle sue confidenze l'ex boss di Caltanissetta avrebbe spiegato che Provenzano era legato a personaggi appartenenti ad ambienti politico-istituzionali e imprenditoriali con il quale continuava a 'dialogare'. Le informazioni che “Oriente”, nome in codice di Ilardo, fornì permisero di catturare molti uomini di Cosa Nostra, tra cui alcuni latitanti delle famiglie di Agrigento, Caltanissetta e Catania. Ma cosa fondamentale riuscì ad avvicinarsi e conquistare l'affetto e la stima di Bernardo Provenzano, durante la latitanza di quest'ultimo, con il quale ebbe uno scambio di “pizzini” abbastanza corposo. Il 31 ottobre del 1995 Ilardo ottenne un incontro a Mezzojuso con lo stesso boss, servendo, in questo modo, su un piatto d'argento la cattura del successore di Riina ai carabinieri del Ros. Ma il Ros agì in modo discutibile decidendo di non procedere con il blitz e giustificando la scelta per mancanza di mezzi, inoltre non mise sotto osservazione il covo indicato da Ilardo, nascondiglio che per sei anni Provenzano continuò a frequentare indisturbato.
La vicenda ha da sempre mosso molte perplessità, tanto che Mario Mori e Mauro Obinu, all'epoca rispettivamente generale e colonnello del Ros, sono stati imputati per  favoreggiamento mafioso per non aver catturato Bernardo Provenzano nella masseria di Mezzojuso. Gli ex ufficiali del Ros in primo grado sono stati assolti con una sentenza a dir poco discutibile. I pm della procura di Palermo hanno già presentato il ricorso in appello. Quel che è certo è che il mancato arresto di Provenzano espose a maggior rischio l'infiltrato Ilardo. Infatti tra i vertici del sodalizio mafioso che decretarono la sua morte si era ingenerata la convinzione che Ilardo svolgesse attività di confidente e secondo le dichiarazioni dei pentiti doveva essere preso vivo per sottoporlo a tortura e conoscere le rivelazioni fatte agli “sbirri”. Progetto cambiato improvvisamente quando lo stesso Ilardo decise di avviare la collaboratore con la giustizia ed entrare quindi nel sistema di protezione. I boss, venuti a conoscenza delle sue intenzioni, ordinarono la sua esecuzione immediata. L'infiltrato “Oriente” ormai pronto a fare il salto dalla parte dello Stato, venne ammazzato il 10 maggio 1996 a Catania, sotto una raffica di colpi esplosi per mano di due sicari in motocicletta senza fare neppure a tempo ad ufficializzare la collaborazione con la giustizia.
Resta tutt'ora un mistero come la mafia fosse giunta a conoscenza della sua decisione così velocemente e il perchè non fu subito messo al riparo da eventuali attentati, così come restano nascosti i mandanti occulti del suo omicidio.
Quel che si può dire però è che la gestione dei collaboratori di giustizia e dei confidenti è un processo molto delicato che coinvolge poche persone. Quindi la fuga di notizia della sua collaborazione non può che essere partita dall'interno delle Istituzioni, questo fa pensare che autorità dello Stato avessero interesse nel zittire il confidente che stava toccando fili troppo delicati. Negli interrogatori fatti a Michele Riccio, il colonnello riferisce che  Ilardo gli avrebbe raccontato che “Provenzano aveva stabilito un contatto con un esponente dell’entourage di Berlusconi di Forza Italia per cui c’era l’indirizzo di votare, da lì a poco avrebbero dovuto votare tutti Forza Italia”.  Probabilmente vertici dello Stato avrebbero avuto anche interesse a proteggere il Provenzano altrimenti non si spiegano le dichiarazioni del pentito Giuffrè, dalle quali emerge che il Provenzano era venuto a conoscenza del ruolo di confidente dell'Ilardo: “Durante la latitanza di Provenzano a Belmonte Mezzagno, nella zona di Mezzojuso ci fu un certo allarme perché qualcuno aveva detto che Provenzano si trovava in quelle zone. Era grossomodo il 1995. Provenzano mi diede il compito di trovare un luogo nascosto dove ci saremmo dovuti incontrare con questo “confidente” per ucciderlo, poi però lo stesso 'Binnu' mi disse che era stato già ucciso. Si chiamava Luigi Ilardo ed era parente di Giuseppe Madonia”.
Ora, a distanza di quasi vent'anni, la Procura di Catania sta conducendo le indagini per scoprire le responsabilità che si celano dietro questo fatto. Grazie alle dichiarazioni di molti collaboratori di giustizia tra cui Natale di Raimondo, Calogero Pulci, Giovanni Brusca, Antonino Giuffrè e Carmelo Barbieri si è riusciti a portare davanti al giudice i mandanti e gli esecutori materiali.
ll 26 marzo si terrà davanti al Gup D'Arrigo l'udienza preliminare che vede imputati Giuseppe Madonia, 68 anni, Maurizio Zuccaro, 53 anni e Orazio Benedetto Cocimano, 50 anni, e anche Vincenzo Santapaola, accusati di omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, con le aggravanti di aver commesso il fatto con premeditazione, per agevolare l’associazione mafiosa denominata Cosa nostra di cui i destinatari fanno parte ed avvalendosi delle condizioni di assoggettamento ed omertà derivanti dalla loro affiliazione al menzionato sodalizio mafioso. Secondo gli inquirenti Giuseppe Madonia diede l'ordine di morte dal carcere e delegò l'operazione alla famiglia Santapaola, dell'organizzazione se ne occupò Maurizio Zuccaro, aiutato da Santo La Causa (collaboratore di giustizia, ndr) e Orazio Benedetto Cocimano insieme a Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, (questi ultimi deceduti, ndr) furono gli esecutori materiali dell’omicidio.
Fondamentale per la ricostruzione della vicenda la collaborazione di Eugenio Sturiale, testimone oculare dell'organizzazione e commissione dell'omicidio e che assistette ad alcuni appostamenti. Non meno importante la confessione di Santo La Causa, che partecipò alla fase organizzativa dell’omicidio di Luigi Ilardo, le cui dichiarazioni rappresentano il fondamento del provvedimento eseguito ieri nei confronti di Vincenzo Santapaola.

In foto: Luigi Ilardo in una foto d'archivio

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